Commento al Vangelo del giorno – Luca 11,1-13
“Signore, insegnaci a pregare”
” Chiedete e vi sarà dato!” Il Vangelo del giorno è bellissimo: Cristo ci insegna che nella vita bisogna accettare la volontà di Dio , ma che al contempo abbiamo anche la libertà di chiedere ciò che desideriamo. E che Dio ascolta le nostre richieste, anche le più grandi e apparentemente impossibili. Abramo, infatti, si è rivolto a Dio e gli ha chiesto di salvare Sodoma e Gomorra, abitate da uomini empi e infedeli. Dio, allora decide di ascoltare Abramo ma, purtroppo, gli abitanti delle città peccaminose – nonostante la nuova possibilità data dal signore- decidono di perseverare nel male e non si convertono. Anche noi, allo stesso modo di Abramo, possiamo fare preghiere di intercessione chiedendo a Dio di salvare le persone attorno a noi.
” Audentes Fortuna Iuvat” è un detto che si ritrova nell’Eneide di Virgilio, e significa “La fortuna aiuta gli audaci”. Ebbene, nella fede Cristiana, Gesù ci esorta, in modo analogo, a chiedere, perchè ci sarà dato. Dio, infatti, aiuta gli audaci che osano chiedergli cose per mezzo della preghiera, proprio come anche Abramo è stato audace nel chiedere la salvezza di Sodoma e Gomorra.
Luca, nel Vangelo di oggi, ci parla di un discepolo che rivolge a Gesù una richiesta che nasce dalla meraviglia: “Signore, insegnaci a pregare”. È una domanda semplice ma ricchissima di significato. I discepoli avevano visto Gesù pregare, ne avevano percepito l’intensità, il raccoglimento, la verità del rapporto con Dio. Non chiedono “insegnaci delle preghiere”, ma: “insegnaci a pregare”, ovvero a entrare nel tuo stesso rapporto con il Padre.
Gesù pronuncia parole che spalancano l’anima alla fiducia: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. Non si tratta di una formula magica né di una promessa ingenua, ma di una chiamata audace alla fede, alla perseveranza e al coraggio di osare nella vita spirituale e concreta.
Dio non è un distributore automatico di desideri: ci ascolta sempre, ma risponde secondo ciò che è giusto, buono, e utile non solo per noi, ma per il bene più grande, secondo il Suo sguardo eterno. Quando le nostre richieste sono conformi alla Sua volontà, cioè ispirate da amore, verità, giustizia e carità, allora si compiono, talvolta in modi inattesi, talvolta dopo lunghi tempi di attesa e purificazione. Ma nulla è vano per chi chiede con fede.
“La fortuna aiuta gli audaci”, dice il proverbio latino. Il Vangelo oggi lo conferma: il Regno dei cieli non è per i tiepidi, ma per i tenaci, per coloro che non si scoraggiano, che bussano anche a mezzanotte, come l’amico della parabola, e che vivono nel mondo con cuore ardente e spirito risoluto.
San Paolo è il modello perfetto di questa audacia. Chiamato a un compito umanamente impossibile – portare il Vangelo fino agli estremi confini del mondo pagano – ha affrontato prigioni, naufragi, persecuzioni, tradimenti. Eppure non ha mai smesso di chiedere, cercare, bussare. Leone di Dio, ha lasciato che Cristo vivesse in lui, e ha trasformato la storia.
Oggi siamo chiamati a vivere la santità nella quotidianità, come medici, padri e madri, studenti, insegnanti, politici, giornalisti. I cattolici che hanno fatto grandi cose – da san Benedetto che rifondò l’Europa, a Chiara Lubich, a madre Teresa – non erano superuomini, ma anime coraggiose, obbedienti, perseveranti, che hanno creduto alle parole di Cristo: “Chiedete e vi sarà dato”.
Il mondo vuole risultati rapidi e successi brillanti. Ma il Vangelo ci insegna che le cose belle maturano nel tempo, con impegno e fiducia. È necessario chiedere con insistenza, lavorare con cuore puro, attendere con pazienza attiva. Dio non delude. Non sempre ci dà ciò che vogliamo, ma sempre ci dona ciò che ci serve per crescere in amore e verità.
La santità è possibile, ed è la vera avventura della vita. Chiedere, cercare, bussare: è questo il cammino del cristiano. Con fiducia, con tenacia, con libertà. E ricordando sempre che, come Paolo, possiamo tutto in Colui che ci dà la forza. Abbiate il coraggio di chiedere. Abbiate la fede di attendere. Abbiate la forza di agire. Il Regno di Dio è già alla porta.
Nei secoli questa preghiera è stata oggetto di riflessione da parte dei più grandi teologi della Chiesa:
Sant’Agostino nella sua «Lettera a Proba» , definiva il Pater noster la “preghiera perfetta”, perché essa sola contiene tutto ciò che le nostre anime devono desiderare. Scriveva: “In tutte le altre parole della preghiera che possiamo dire, sia pubblicamente che privatamente, non diciamo altro che quello che è già contenuto nel Padre nostro”.
San Tommaso d’Aquino, nella Summa Theologiae, analizza il Padre nostro come la più eccellente di tutte le preghiere per tre motivi: perché ci è stata insegnata da Cristo stesso, perché contiene richieste ordinate secondo un fine soprannaturale, e perché abbraccia tutto ciò che è necessario alla vita dell’anima e del corpo.
Hans Urs von Balthasar, più vicino a noi, ha visto in questa preghiera una sintesi dell’intero cammino cristiano, in cui la volontà di Dio viene accolta non come fatalismo, ma come conformazione del cuore del Figlio al cuore del Padre.
Gesù accompagna il Padre nostro con una parabola che mostra l’insistenza nella preghiera e la generosità di Dio. Come un amico che, anche se riluttante, alla fine si alza per aiutare l’altro, così Dio, infinitamente più buono, risponde al nostro bussare. Non solo: “quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!”.
Dio non ci promette solo cose materiali, ma il dono più grande: il suo stesso Spirito. La preghiera autentica, dunque, non è un elenco di richieste, ma un’apertura fiduciosa del cuore, una resa amorevole alla volontà di Dio, un invito al suo Spirito perché abiti in noi.
Impariamo anche noi a pregare non per convincere Dio, ma per convertirci a Lui. E chiediamo con fiducia ciò che è essenziale: il pane quotidiano, il perdono, la forza contro la tentazione e, soprattutto, il dono dello Spirito, che ci rende figli nel Figlio.
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