“Vanità delle vanità, tutto è vanità” – così si apre il libro del Qoèlet, una delle pagine più disilluse, eppure più vere, di tutta la Scrittura. È la voce di un sapiente che ha visto tutto, posseduto molto, cercato la felicità nelle opere, nei beni, nelle imprese… ma alla fine ha compreso che tutto passa. I beni terrestri, infatti, sono effimeri. L’uomo fatica, corre, costruisce, si affanna “sotto il sole” – ma per cosa? Nulla rimane. “Cos’ha guadagnato l’uomo da tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole?”
Questo grido antico ci prepara ad ascoltare il Vangelo di Luca (12,13-21), dove un uomo chiede a Gesù di mediare un’eredità. Ma Gesù si rifiuta: “Chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?” Non è venuto per regolare i nostri piccoli calcoli, ma per insegnarci la via del cielo, la sola che non svanisce.
Anche Gabriele d’Annunzio, il Vate degli italiani, era rimasto affascinato dal concetto di dono come bene superiore al possesso, come anche già insegnava il filosofo Seneca, e allîngresso del Vittoriale, la sua grandiosa dimora affacciata sul lago di Garda, ha fatto incidere sulla pietra la scritta ” Io ho quel che ho donato”.
La storia narrata nel Vangelo di oggi è estremamente attuale: quella di un uomo ricco che ha avuto raccolti abbondanti e decide di ingrandire i suoi granai per mettervi tutte le sue ricchezze. Si sente al sicuro. Ma Dio gli dice: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”
Questa parola è dura, ma salvifica. Ci ricorda che la vita vera non si misura in base a ciò che possediamo, ma in base a ciò che amiamo. Gesù non disprezza il lavoro, né la fatica dell’uomo – ma ci mette in guardia da una visione ristretta e terrena dell’esistenza, dove tutto si gioca sul conto in banca e sulle eredità. Il Regno dei cieli è altro: è relazione, è dono amorevole, è libertà dalle ricchezze terrene.
Oggi siamo chiamati a domandarci: per chi viviamo? per cosa costruiamo? a cosa diamo il nostro tempo e il nostro cuore? Le ricchezze sono strumenti, non fini. E solo se condivise diventano benedizione.
Il Qoèlet ci mostra il disincanto di chi ha capito che nessun bene terreno può saziare il desiderio dell’eterno. Gesù, nel Vangelo, ci indica dove cercare quella pienezza che non svanisce con la morte: nella fraternità, nel servizio, nella fiducia in Dio.
“ Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; 20 accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. 21 Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. ” (Mt 6,20).
Perché alla fine, solo l’amore resta.
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