Ticino

LOCARNO: DON’T TOUCH THE SCREEN!


Con l’inizio ufficiale del Locarno Film Festival, dopo due serate gratuite che hanno richiamato sulla Piazza Grande la magia del cinema sotto le stelle, una voce si è sollevata chiara e potente: non toccate lo schermo! Non uno schermo qualunque, ma quello progettato da Livio Vacchini, geniale architetto ticinese, che dal 1971 dà forma all’anima effimera e al tempo stesso identitaria del Festival.

https://act.campax.org/petitions/locarno-don-t-touch-the-screen?bucket=2025-08-06-sb&source=messenger-share-button&utm_campaign=blast2025-08-06-festival-locarno&utm_source=messenger&share=ecff0ad0-4225-4ee8-96ba-f74e315f765b

Il cosiddetto “Schermo Vacchini”, con la sua struttura reticolare unica, è diventato negli anni un simbolo tanto quanto il leopardo, un’icona che fonde cinema, architettura e appartenenza territoriale. È grazie a quella geometria visiva e alla cabina progettata su misura che Piazza Grande si trasforma, ogni estate, nel cuore pulsante della settima arte. Non è solo tecnica: è poesia strutturale, è radicamento culturale, è memoria visiva e collettiva di una città e del suo popolo.

Eppure, oggi, quello schermo rischia di essere archiviato. Per motivi dichiaratamente economici e logistici, l’organizzazione del Festival ha optato per uno schermo più standardizzato, più “pratico”, ma profondamente meno significativo. È una scelta che, pur comprensibile dal punto di vista operativo, ha generato un’ondata emotiva e simbolica tra i locarnesi. Finalmente, verrebbe da dire. Perché questo “cambio di lenzuolo” ha smosso qualcosa di profondo: l’orgoglio di appartenenza, l’identità condivisa, quel senso di “questo Festival è anche nostro” che sembrava sopito da anni di lamentele e indifferenza.

Lo testimoniano le voci che si stanno moltiplicando, anche sui social, come quella di un locarnese trapiantato nella Svizzera francese che ha pubblicamente denunciato la rimozione del Vacchini screen. E lo conferma anche la petizione firmata da venti esponenti autorevoli dei mondi del cinema, dell’architettura e della cultura, tra cui Mario Botta, Silvio Soldini, Renato Berta, Marco Müller, e la stessa Eloisa Vacchini, figlia dell’architetto.

Essi chiedono, con fermezza e rispetto, che:

  • lo schermo e la cabina di Vacchini vengano tutelati, valorizzati e reimpiegati per le proiezioni in Piazza Grande;
  • le istituzioni a tutti i livelli – comunali, cantonali e federali – riconoscano e proteggano questo patrimonio architettonico e culturale;
  • in futuro, si assicuri maggiore trasparenza e coinvolgimento pubblico nelle decisioni che toccano il cuore identitario del Festival.

Non si tratta solo di uno schermo. Si tratta di una visione, di un progetto architettonico che ha fatto scuola, di un’esperienza estetica che fonde urbanità e cinema, di un simbolo che racconta Locarno al mondo. Abbandonarlo in nome della praticità significa rinunciare a una parte della propria anima.

Per questo, oggi, da locarnese e da amante del cinema, vi dico con forza: non toccate quello schermo. Conservatelo, difendetelo, amatelo. Perché nella sua fragile struttura c’è tutta la forza di una storia che ci appartiene. E che vale la pena continuare a proiettare.

Relatore

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