di historicus
Negli ultimi decenni, ha acquisito una crescente importanza l’idea che esista una dimensione ottimale dello Stato. Se il settore pubblico si espande oltre questo livello ottimale, ostacola l’attività economica e riduce il potenziale di crescita e benessere futuri. Nel 1996, questo concetto è stato chiaramente esposto dall’economista Richard W. Rahn nel suo articolo “Qual è la dimensione ottimale del governo?” (co-autore H. Fox), presentato all’Istituto per l’Economia di Mercato in Bulgaria. Da allora, la relazione non lineare tra il tasso di crescita economica e la dimensione dello Stato, approssimata come spesa pubblica in percentuale del prodotto interno lordo (PIL), è stata chiamata curva di Rahn, riprodotta nel Grafico 1.
Grafico 1
A partire dalla pubblicazione, nel 1995, del libro “The Freedom Revolution” dell’economista e membro del Congresso statunitense Richard K. Armey, si conosce nella letteratura una piccola variante della curva di Rahn, chiamata Curva di Armey. La differenza tra le due risiede nella denominazione delle variabili sugli assi, ma il concetto di base è lo stesso. Pertanto, questa relazione non lineare tra crescita economica e dimensione dello Stato viene spesso chiamata anche Curva di Armey-Rahn.
E quali sono i risultati dei lavori su questo concetto? Dalla fine degli anni ’80 sono stati pubblicati numerosi articoli di ricerca empirica su questa relazione. Questi articoli coprono tutte le categorie di paesi, industrializzati e in via di sviluppo. Richard Rahn stesso stima che la dimensione ottimale del settore pubblico sia compresa tra il 15% e il 25% del PIL. Diversi studi empirici degli anni successivi hanno ottenuto percentuali leggermente superiori, raggiungendo il 30% – 35%. Ma – e questo è il punto importante da sottolineare – in praticamente tutte le nazioni analizzate, l’attuale livello di spesa pubblica in percentuale del PIL è chiaramente superiore al livello ottimale stimato. Questo fatto sembra spiegare perché i tassi di crescita economica in tutto il mondo siano diminuiti così significativamente negli ultimi 50 anni.
Tra gli articoli recensiti sull’argomento, ce n’è uno che presenta la relazione tra crescita economica e dimensioni dello Stato in modo molto chiaro e semplice. [1] In questo lavoro, l’autore studia la relazione in questione nei paesi OCSE e condensa i suoi risultati in due grafici che dicono più di mille parole.
Nel primo grafico, riprodotto come Grafico 2, si osserva come i tassi di crescita del PIL reale, sia pro capite che totale, nei principali paesi dell’Europa occidentale siano diminuiti nei periodi di 15 anni consecutivi a partire dal 1960. L’autore ne riassume le ragioni molto chiaramente: “Le principali caratteristiche distruttive della crescita nell’esperimento socialdemocratico sono un governo più grande, tasse più elevate e un settore privato in contrazione da cui ricavare quelle tasse.”
Grafico 2
L’autore studia poi i paesi OCSE in base ai tassi di crescita annua del PIL reale e alle dimensioni dei rispettivi Stati, condensando i risultati nel secondo grafico, riprodotto come Grafico 3. Risulta chiarissimo che a maggiore settore statale minore tasso di crescita reale, indicando che evidentemente è stata superata la dimensione ottimale degli Stati.
Grafico 3
Si osserva chiaramente che le nazioni con un settore pubblico più contenuto hanno avuto tassi di crescita maggiori. Questi risultati sono molto chiari e non necessitano di ulteriori spiegazioni. Sono fatti, e come dice un famoso proverbio latino: contra facta non valent argumenta.
Arrivati a questi livelli di dimensioni degli Stati, sarebbe auspicabile che gli elettori e i governi di tutte le nazioni considerino seriamente i concetti di questa Nota e la relativa evidenza empirica prima di decidere ulteriori aumenti delle attività statali.
D’altro canto, partendo dallo stesso concetto della Curva di Rahn e osservando la porzione della curva a sinistra del punto ottimale, è difficile argomentare in favore di uno smantellamento totale degli Stati, come fanno alcuni liberisti estremi e anarco-capitalisti. Come sempre la soluzione ottimale non si trova negli estremi, bensì applicando argomenti solidi e buon senso. Purtroppo, come si usa dire in inglese:
“The common sense is the less common of senses. – Il senso comune (= buon senso) è il meno comune dei sensi.”
Ora, dato che in praticamente tutte le nazioni la dimensione dello Stato ha raggiunto un livello chiaramente superiore a quello ottimale, possiamo concludere con due citazioni di Friedrich von Hayek (Premio Nobel per l’economia nel 1974) che si adattano molto bene ai concetti di questa Nota:
“Se i socialisti capissero l’economia, non sarebbero socialisti”.
“Quanto più lo Stato ‘pianifica’, tanto più difficile diventa la pianificazione per l’individuo”.
[1] Jon Moynihan, How to save Britain from a doom loop of decay, decline – and default (The Telegraph, 18 de Agosto de 2024)
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