La situazione drammatica in Medio Oriente
La notizia del recente divieto imposto dai talebani su circa 140 libri scritti da donne nelle università afghane è solo l’ennesimo tassello di un mosaico di oscurantismo che sembra non avere fine. Tra i volumi rimossi non vi sono soltanto testi legati ai diritti umani o alla condizione femminile, ma persino manuali scientifici, come Sicurezza nei laboratori chimici. La censura è accompagnata dal bando di 18 materie giudicate “in conflitto con la Sharia”, fra cui Genere e sviluppo, Ruolo delle donne nella comunicazione e persino Sociologia femminile.
Dietro queste decisioni c’è la logica implacabile dei talebani: se le donne non possono studiare oltre la scuola primaria, se i corsi di ostetricia vengono chiusi, è coerente – nel loro sistema – cancellare anche la parola scritta delle donne. “Quando alle donne non è permesso studiare, è naturale che vengano messi a tacere anche i loro scritti”, ha dichiarato l’ex viceministra della Giustizia Zakia Adeli, ricordando con amarezza come ogni conquista sia stata sistematicamente demolita.
Ma chi sono i talebani?
Il movimento nacque nei primi anni ’90, durante la guerra civile afghana, dalle ceneri della resistenza antisovietica. Composto in gran parte da studenti delle scuole coraniche (taleb in arabo significa “studente”), trovò nel mullah Omar e nella sua cerchia i primi leader carismatici. Fin dall’inizio, i talebani imposero una visione rigidissima della Sharia, con un controllo totale sulla vita sociale, culturale e religiosa.
Dopo l’11 settembre 2001 e l’invasione statunitense dell’Afghanistan, il regime talebano fu rovesciato. Ma il movimento non scomparve: si riorganizzò nelle zone tribali al confine con il Pakistan, tornando progressivamente a esercitare influenza fino alla presa di Kabul nell’agosto 2021, a seguito del ritiro delle truppe americane.
La prima vittima della nuova era talebana è stata, ancora una volta, la libertà femminile. Dall’istruzione al lavoro, dalla mobilità personale alla voce nello spazio pubblico, tutto è stato limitato. Oggi le donne in Afghanistan non possono studiare, lavorare in molte professioni, viaggiare senza un tutore maschile. Sono escluse dallo sport, dalla vita politica, e persino dalla possibilità di accedere a cure mediche qualificate, vista la chiusura delle scuole di ostetricia.
In questo contesto, la cancellazione dei libri scritti da donne è un gesto simbolico e devastante: significa cancellare memoria, sapere, futuro.
La vicenda afghana si inserisce in un quadro più ampio e drammatico che riguarda il Medio Oriente. La regione, già attraversata da conflitti endemici, crisi umanitarie e dittature, vede crescere le tensioni tra spinte riformatrici e derive integraliste. Dall’Iran scosso dalle proteste delle donne, alla Siria devastata da oltre dieci anni di guerra civile, fino al conflitto israelo-palestinese, lo scenario è segnato da instabilità e radicalizzazione.
In questo fragile equilibrio, l’Afghanistan dei talebani rappresenta un monito terribile: quando il fanatismo prende il posto della ragione, la prima vittima è sempre la dignità umana. La censura dei libri e delle idee è soltanto il preludio a una società in cui la verità stessa diventa proprietà esclusiva del potere.
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