I recenti sviluppi sul caso dell’attentato all’ Ambasciatore d’ Italia in RD Congo Luca Attanasio, che stanno evidenziando una ipotesi investigativa legata alla filiera del Pirocloro/Niobio, scoperchiano un pozzo di veleni e mafie che era ben nascosto da apparenti business industriali di alto livello.
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è molto più di una nazione ricca di materie prime: è il teatro operativo di una guerra silenziosa e spietata. Al centro di tutto c’è il contrabbando di risorse critiche: Cobalto (vitale per l’elettrico), Coltan (elettronica) e, sempre più strategicamente, il Niobio (metallo raro essenziale per l’industria aerospaziale), che alimenta un circuito di potere gestito dall’ombra lunga della Russia e delle sue reti criminali. Nell’Est del Congo, la guerra irregolare è la norma: decine di gruppi armati, sia locali che stranieri, operano al di fuori di ogni controllo statale, trasformando la regione in un feudo criminale.
Alla base della piramide non ci sono generici criminali, ma una “mafia militare” istituzionalizzata. Il caso più emblematico riguarda il controllo delle miniere di Rubaya (Nord Kivu), vitali per l’approvvigionamento mondiale di Coltan e Tantalio. Secondo i rapporti dell’ONU e il “Rapport final du Groupe d’experts sur la République démocratique du Congo”, S/2024/432, rapporto del gruppo di esperti per la RDC, comandanti delle FARDC (l’esercito regolare congolese) hanno per anni collaborato con le milizie nemiche (come le FDLR) per spartirsi i profitti, trasformando i reggimenti in imprese commerciali private. Oggi, la situazione si è evoluta con l’ascesa dei “Wazalendo”, milizie locali armate dal governo per combattere i ribelli dell’M23, che però si sono rapidamente trasformate in bande criminali autonome: impongono tasse illegali ai posti di blocco e gestiscono il traffico d’oro verso l’Uganda. Lo stesso M23, supportato dal Ruanda, ha creato un’amministrazione ombra: i ribelli tassano i depositi minerari e “sbiancano” il coltan trasportandolo attraverso il valico di Bunagana, immettendolo nel mercato globale come merce legale e pulita.
Ma il saccheggio del Congo non si ferma ai confini africani, poiché le risorse estratte illegalmente necessitano di reti sofisticate per raggiungere i mercati globali e di canali sicuri per ripulire il denaro sporco. Come evidenziato dalle Relazioni della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e dalle inchieste delle Procure Distrettuali Antimafia (in particolare quella di Reggio Calabria), la ‘Ndrangheta non opera più solo come organizzazione criminale, ma come una “holding mondiale”. Sfruttando l’immensa liquidità derivante dal narcotraffico, i clan calabresi hanno penetrato il mercato delle risorse minerarie. Le fonti investigative confermano che la ‘Ndrangheta utilizza la sua capacità finanziaria per agire da broker globale, offrendo piattaforme sofisticate per il riciclaggio e il reinvestimento dei proventi insanguinati del coltan e dei diamanti, fungendo da cerniera invisibile tra i signori della guerra africani e i mercati legali occidentali. (cfr. Vincenzo Musacchio, Huffington Post, Gli affari della ‘ndrangheta sulle risorse minerarie del Congo)
Tuttavia, l’attore che ha trasformato questo banditismo in una leva geopolitica è la Russia. Per comprendere questa dinamica, è fondamentale analizzare la natura del rapporto tra lo Stato russo e il crimine organizzato: Il concetto di “Nexus Chekista-Mafia” (o “Chekist-Mafia State”) descrive la fusione operativa e strategica tra gli apparati di sicurezza e intelligence della Federazione Russa: i “Chekisti,” un termine storico che si riferisce alla polizia segreta bolscevica (Čeka) e ai suoi successori, e le potenti reti della criminalità organizzata russa (Organizatsiya). Questa non è una semplice tolleranza o corruzione, ma è una strumentalizzazione deliberata del crimine organizzato a fini geopolitici. I servizi segreti russi (FSB, GRU) utilizzano le reti mafiose come intermediari per proiettare influenza senza lasciare impronte digitali statali. Per comprendere la minaccia, bisogna distinguere i due bracci armati del Cremlino:
– FSB (Servizio Federale di Sicurezza): È il principale servizio di sicurezza interna della Russia e l’erede del Primo Direttorato Centrale del KGB. È il pilastro del potere del Cremlino, la base della stabilità del regime, focalizzato sul controllo dello stato e sull’influenza politica.
– GRU (Direzione Principale dell’Intelligence): È l’intelligence militare centrale. A differenza dell’FSB, il GRU è orientato all’azione aggressiva all’estero, gestendo teatri di guerra, sabotaggi e operazioni paramilitari.
Entrambi questi apparati utilizzano le mafie e le famiglie criminali come esecutori, “deniable assets”: strumenti per compiere il “lavoro sporco” (omicidi, traffici, finanziamento illecito) mantenendo la negabilità ufficiale. In Congo, questo sistema offre molti vantaggi tattici: Mosca può negare qualsiasi coinvolgimento in attività illecite (se un traffico di Niobio viene intercettato o un oppositore viene eliminato, la colpa ricade su “criminali comuni”, proteggendo lo Stato da conseguenze diplomatiche dirette). In aggiunta, le mafie russe (Organizatsiya) gestiscono la complessa logistica del contrabbando globale e del riciclaggio di denaro. Questi flussi finanziari illeciti diventano fondi neri (“black budgets”) utilizzati per finanziare operazioni di intelligence, corrompere funzionari locali e sostenere gruppi paramilitari senza passare per i bilanci ufficiali del Cremlino.
Per dare un volto a questo sistema ibrido, bisogna guardare ai due “Padrini” che hanno costruito l’infrastruttura criminale di Mosca, agendo come vere e proprie estensioni del potere statale. Al vertice della piramide finanziaria siede Semion Mogilevich, capo della Solntsevskaya Bratva (la più potente organizzazione criminale moscovita) e protetto dai vertici del Cremlino, che funge da architetto delle alleanze strategiche: è lui ad aver tessuto, fin dal 1993, il patto d’acciaio con la Camorra campana per il riciclaggio di capitali e armi, creando un asse criminale che oggi si estende fino alle risorse africane. Ma se Mogilevich rappresenta la “mente” finanziaria, il “braccio” operativo legato all’intelligence militare (GRU) è incarnato da Viktor Bout. Noto come il “Mercante di Morte”, Bout non è mai stato un semplice trafficante autonomo, ma un asset statale che per decenni ha garantito la logistica del terrore: i suoi aerei cargo hanno inondato il Congo di armi sovietiche in cambio di diamanti e minerali, chiudendo il cerchio tra potere mafioso, interessi di spionaggio e saccheggio delle risorse.
Questa fusione tra stato e crimine si manifesta concretamente sul suolo africano attraverso una strategia espansionistica aggressiva. Infatti, la Russia ha consolidato la sua presenza (già forte in Mali, Repubblica Centrafricana e Sudan) attraverso contractor militari privati. Tra questi, il Gruppo Wagner era una società militare privata (PMC) russa, (sebbene le compagnie militari private fossero formalmente illegali in Russia fino a poco tempo fa). Operava come una forza mercenaria strettamente legata al governo russo e ai suoi servizi di intelligence, agendo di fatto come un suo intermediario in vari conflitti globali. Attualmente, però, non si parla più semplicemente del famigerato Gruppo Wagner, bensì della sua riconfigurazione istituzionale sotto il controllo del Ministero della Difesa russo nel nuovo “Africa Corps”, un’entità che segna la definitiva statalizzazione del mercenarismo. Dopo la morte nell’agosto del 2023 del capo di Wagner, Yevgeny Prigozhin, le unità combattenti sono transitate dal controllo “privato” alla gestione diretta del Ministero della Difesa e del GRU. La Russia ha nazionalizzato le operazioni: i mercenari sono ora dipendenti dello Stato, ma il modello operativo resta immutato e spietato. L’Africa Corps garantisce la sopravvivenza fisica dei regimi (come protezione dei leader e repressione interna) in cambio dell’accesso diretto e predatorio alle risorse minerarie, trasformando le miniere africane in un “bancomat” ufficiale per le guerre di Mosca. (Institute for the Study of War- Wagner Out, Africa Corps In: Africa File, June 12, 2025)
Ad oggi, la situazione in RDC rappresenta l’archetipo della guerra irregolare moderna. In questo scenario, il Congo cessa di essere una semplice nazione in crisi per diventare l’asset strategico dove si decide il futuro della tecnologia globale, schiacciato da logiche di predazione che rendono la pace un obiettivo sempre più irraggiungibile.
Martina Dimuccio
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