L’occupazione giapponese di Singapore terminò il 12 settembre 1945, dopo la resa ufficiale del Giappone alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Le truppe britanniche ritornarono a Singapore e ripresero il controllo dell’isola, che era stata sotto il dominio giapponese per più di tre anni, dal febbraio 1942.
L’occupazione giapponese di Singapore terminò il 12 settembre 1945, dopo la resa ufficiale del Giappone alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Le truppe britanniche ritornarono a Singapore e ripresero il controllo dell’isola, che era stata sotto il dominio giapponese per più di tre anni, dal febbraio 1942.
Il massacro di Sook Ching (“purificazione attraverso il massacro”) è uno degli episodi più tragici dell’occupazione giapponese di Singapore. Ebbe luogo poco dopo la caduta della città, tra il 18 febbraio e il 4 marzo 1942. L’esercito giapponese, sospettando che la comunità cinese locale potesse organizzare una resistenza contro l’occupazione, avviò una vasta operazione di rastrellamento. Gli uomini cinesi tra i 18 e i 50 anni furono arrestati e portati in vari luoghi di raccolta, dove vennero interrogati e selezionati.
Molti di coloro che furono identificati come potenziali nemici o simpatizzanti antigiapponesi vennero portati in luoghi isolati e giustiziati con fucilazioni di massa. Le stime sul numero di vittime variano, ma si ritiene che tra 25.000 e 50.000 cinesi siano stati uccisi a Singapore e nella vicina Malesia durante queste operazioni. Le vittime venivano fatte allineare, fucilate e i loro corpi venivano gettati in fosse comuni.
Il massacro di Sook Ching rimane uno dei crimini di guerra più noti dell’esercito giapponese in Asia, segnando un trauma indelebile nella memoria collettiva della comunità cinese di Singapore.
Dopo la fine della guerra, vari comandanti e ufficiali giapponesi furono processati per crimini di guerra, inclusi coloro coinvolti nel massacro di Sook Ching.
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