Il libro Come uscire dalla selva oscura del dolore e della sofferenza di Giuseppe Maggio, con la collaborazione di Angelo Daniel Maggio, si presenta come un testo intenso, profondamente umano, capace di unire riflessione spirituale, esperienza vissuta e attenzione alla dimensione psicofisica della persona. Non è un manuale clinico né un trattato astratto sul dolore, ma un percorso di consapevolezza che invita il lettore a guardare la sofferenza non solo come nemica da eliminare, bensì come messaggio da comprendere.
Il punto di partenza dell’opera è una tesi tanto semplice quanto controcorrente: il dolore non è un mero sintomo da silenziare, ma un segnale di avvertimento. Corpo e anima, nella visione dell’autore, parlano continuamente all’uomo; quando qualcosa non è in armonia, il dolore diventa una voce che chiede ascolto. In questa prospettiva, le malattie più pericolose non sono quelle dolorose, ma quelle silenti, perché non concedono all’uomo la possibilità di intervenire prima che il danno sia profondo.
La metafora centrale del libro è quella della “selva oscura”, esplicito richiamo a Dante Alighieri. Come nel primo canto della Divina Commedia, la selva rappresenta lo smarrimento, la perdita della direzione, l’assenza di luce. Maggio rilegge questo simbolo in chiave esistenziale e spirituale: la sofferenza — fisica, emotiva o spirituale — può trasformare la vita in un labirinto di paura, ansia e solitudine, dove l’uomo si sente peccatore, malato, abbandonato.
Il valore del testo sta nel rifiuto di ogni visione semplicistica o consolatoria. Il dolore non viene spiritualizzato in modo ingenuo, né ridotto a colpa individuale. Al contrario, l’autore accompagna il lettore in un cammino di responsabilità e misericordia, mostrando come la sofferenza possa diventare occasione di risveglio, di riconnessione con sé stessi e con la dimensione spirituale spesso trascurata nella vita moderna.
Di particolare efficacia è l’attenzione alla unità di corpo, psiche e spirito. La sofferenza viene letta come frattura di un equilibrio profondo, e la guarigione come processo che richiede ascolto, tempo e luce. In questo senso, l’opera si rivolge non solo a chi è malato, ma anche a chi accompagna il dolore altrui: familiari, educatori, operatori pastorali, terapeuti.
Lo stile è semplice, diretto, empatico. Si percepisce che dietro le parole c’è un’esperienza personale e una volontà autentica di aiutare, non di impressionare. Il lettore non viene mai giudicato, ma invitato a riconoscere la propria fragilità come parte costitutiva dell’essere umano.
Come uscire dalla selva oscura del dolore e della sofferenza è dunque un libro che non promette soluzioni facili, ma indica una direzione: tornare alla luce, ritrovare la retta via, imparare a leggere il dolore come linguaggio dell’anima. Un testo che può diventare compagno discreto nei momenti più bui, ricordando che anche nella selva oscura, se si accetta di ascoltare, la luce non è mai definitivamente perduta.
La Corea del Sud vive uno dei momenti più delicati della sua storia politica recente.…
di Tito Tettamanti La Storia del mondo è il riflesso degli scontri tra civiltà e…
Cronaca di un mondo che si è risvegliato troppo tardi L’anno 2025 cominciò con un…
29 dicembre 1170 Il silenzio non è pace.È attesa. Io conosco questo luogo: la pietra…
ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE Accadde 853 anni fa 29 dicembre 1170 "Will no one rid me…
Negli ultimi giorni sono circolate immagini e notizie che indicano azioni militari statunitensi contro obiettivi…
This website uses cookies.