Cultura

1483, l’anno terribile del Duca di Buckingham

nghilterra, anno del Signore 1483.
Il vento che soffiava sulle torri di Londra portava con sé il profumo del tradimento.

Il re Edoardo IV era morto all’improvviso, lasciando sul trono un erede bambino: Edoardo V, di appena dodici anni. Un regno fragile, un trono instabile. E in quella fragilità, gli uomini più ambiziosi videro un varco.

Tra tutti, due figure si stagliavano nell’ombra: Riccardo, duca di Gloucester, fratello del defunto re, e Henry Stafford, duca di Buckingham, uomo potente, dal sangue nobile e dall’animo inquieto.

All’inizio, Buckingham era il più fedele dei sostenitori di Riccardo.
Quando Riccardo prese in custodia il giovane Edoardo V, con la scusa di proteggerlo dalle fazioni di corte, Buckingham lo aiutò. Fu lui a spalancargli le porte della Torre di Londra, dove il ragazzo e il fratellino minore — i principi Edoardo e Riccardo di York — furono rinchiusi “per la loro sicurezza”.

Le settimane passarono, e la città cominciò a mormorare.
Poi, come una tempesta improvvisa, giunse la notizia: Riccardo dichiarò illegittimi i figli di Edoardo IV, sostenendo che il fratello si fosse sposato in modo non valido.
Il Parlamento approvò, e Riccardo salì al trono come Re Riccardo III.

Buckingham era accanto a lui, splendido nel suo ruolo di alleato e consigliere. Sembrava aver vinto tutto. Ma la gloria, per lui, durò poco.
Ben presto, il nuovo re non mantenne le promesse: terre, titoli, onori — tutto ciò che Buckingham si aspettava gli fu negato o ritardato. E nel cuore del duca, la fedeltà si tramutò in fiele.

Nell’autunno di quello stesso anno, il 1483, Buckingham si rivoltò contro Riccardo.
Guidò una ribellione per sostenere un nuovo pretendente al trono: Enrico Tudor, un giovane in esilio in Bretagna, lontano ma con sangue reale.

Ma il destino non fu clemente con il duca. Le piogge allagarono il Galles, i suoi uomini disertarono, i piani crollarono. Buckingham fu catturato, condotto davanti al suo antico alleato — ora re — e giustiziato senza processo.

Nel fango e nella pioggia di Salisbury, la sua testa cadde, e con essa il sogno di un’Inghilterra diversa.

Intanto, i due giovani principi non si videro mai più.
E l’eco delle loro voci infantili, imprigionate nella Torre, divenne leggenda.


1483: un anno di corone insanguinate, di ambizioni spezzate, di alleanze che bruciarono in un istante.
L’anno in cui il Duca di Buckingham aiutò un uomo a diventare re… per poi morire per averlo fatto.

* * *

Henry Stafford, duca di Buckingham, poche ore prima della sua esecuzione a Salisbury.


🕯️ “Confessione del Duca di Buckingham” – 2 novembre 1483

Non c’è sole stamane.
Solo un velo di nebbia che grava sulla città, e il suono grave delle campane che chiamano alla messa dei morti.
Mi dicono che sono l’ultimo a morire oggi, ma che la mia anima è la prima di cui parleranno i preti.

Ho servito due re.
Uno per ambizione, l’altro per rimorso.
E nessuno dei due mi ha salvato.

Ricordo quando vidi Riccardo per la prima volta: un uomo piccolo, dagli occhi acuti, capace di leggerti dentro e lasciarti nudo come un mendicante.
Mi affascinava.
Aveva quella fermezza che manca ai re nati per caso. Io lo aiutai a salire sul trono, gli tolsi gli ostacoli dal cammino — anche quelli con sangue reale, anche quei due bambini nella Torre.
Eppure, quando il sangue fu versato, il mio cuore si ritrasse come un animale ferito.

Forse fu allora che persi tutto.

Riccardo mi promise terre, onori, giustizia.
Non mi diede nulla se non il peso dei suoi peccati.
E così, quando seppi del giovane Tudor in Bretagna, mi parve di vedere in lui una speranza nuova — o forse solo una via di fuga dalla mia coscienza.
Lo chiamai mio re, e da quel momento il destino mi scrisse addosso la parola “traditore”.

Ora mi chiamano a morire.
Fuori dalla finestra vedo il patibolo, un palco di legno bagnato di pioggia.
Il boia affila la spada, e i passeri saltellano sul selciato come se nulla stesse per accadere.
I monaci mormorano preghiere: Requiem aeternam dona ei, Domine…
— ma il “ei” sono io.

Vorrei che qualcuno ricordasse che non fui solo un ribelle.
Fui un uomo che credette, troppo tardi, di poter lavare un regno nel sangue e chiamarlo redenzione.

Ho tradito Riccardo, sì.
Ma prima ho tradito me stesso.

Dicono che oggi è il Giorno dei Morti.
Io dico che ogni giorno è tale, per chi serve la corona.
Perché in quei palazzi dorati, la lealtà non è che una lama affilata: brilla alla luce, ma ti recide la gola non appena la volti.

Il boia mi chiama.
Mi inginocchio.
Sento la lama sollevarsi, e il mondo intero fermarsi —
come se anche il cielo trattenesse il fiato.

E penso:
se i bambini nella Torre mi guardano da lassù,
forse ora potranno perdonarmi.

Relatore

Recent Posts

l’ex First Lady della corea del Sud denunciata: Kim Keon-hee tra arte, cultura e corruzione

La Corea del Sud vive uno dei momenti più delicati della sua storia politica recente.…

12 ore ago

La frattura dell’Occidente

di Tito Tettamanti La Storia del mondo è il riflesso degli scontri tra civiltà e…

21 ore ago

Un tentativo, giudicate voi

Cronaca di un mondo che si è risvegliato troppo tardi L’anno 2025 cominciò con un…

22 ore ago

Thomas Becket aspetta la morte

29 dicembre 1170 Il silenzio non è pace.È attesa. Io conosco questo luogo: la pietra…

1 giorno ago

“Chi mi libererà di questo prete turbolento?” – Queste furono le parole del re

ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE Accadde 853 anni fa 29 dicembre 1170 "Will no one rid me…

1 giorno ago

Raid mirati contro l’ISIS: gli Stati Uniti colpiscono in Africa, cresce il fronte “silenzioso” della guerra globale

Negli ultimi giorni sono circolate immagini e notizie che indicano azioni militari statunitensi contro obiettivi…

1 giorno ago

This website uses cookies.