In una Venezia avvolta da intrighi e apparenze, vive Otello, un generale moro valoroso e rispettato. Ha conquistato con il suo coraggio non solo la fiducia del Doge, ma anche il cuore di Desdemona, giovane e nobile veneziana, che lo ama con passione sincera, sfidando il pregiudizio e la differenza di origini.
Il loro amore, puro e fiero, nasce in segreto, si fortifica contro le malelingue, ma sarà presto avvelenato da una mente astuta e malvagia: quella di Iago.
Iago, alfiere di Otello, lo odia. È stato scavalcato nella carriera dal giovane Cassio, e cova un rancore profondo, gelido e sottile. Decide allora di distruggere il moro non con la spada, ma con il veleno dell’inganno.
Insinua sospetti, semina dubbi, tesse trame. A poco a poco convince Otello che Desdemona lo tradisce proprio con Cassio.
Otello, uomo di onore e di guerra, conosce la lealtà ma non la menzogna. La sua mente, semplice e diretta, non è fatta per i sotterfugi. Il dubbio diventa tormento, il tormento si fa furore.
Un fazzoletto — simbolo d’amore tra lui e Desdemona — diventa l’arma del tradimento: Iago lo fa ritrovare a Cassio, e così l’inganno si fa verità nella mente del moro.
L’amore di Otello si tramuta in cieca gelosia. La notte cala, e nel buio del suo cuore, l’uomo che aveva vinto battaglie in terre lontane perde quella più difficile: contro se stesso.
Otello uccide Desdemona, la sua amata, credendo di punire un tradimento. Ma quando la verità si svela, è troppo tardi.
Disperato, annientato dal rimorso, Otello pronuncia le sue ultime parole e si trafigge con la propria spada, accanto al corpo di colei che aveva amato più della sua vita.
Così cade Otello, eroe e vittima, ingannato dal male degli uomini e dal tumulto del suo cuore.
(Immagina Otello da solo, dopo aver ucciso Desdemona e scoperto l’inganno di Iago. La scena è immersa nel silenzio, rotto solo dal respiro del mare.)
OTELLO:
Ombra del mio cuore, che hai nome Desdemona…
Che ho fatto? Che mostro ha preso il posto dell’uomo che eri, Otello?
Io, che per amor tuo sfidai i giudizi, le lingue, i confini,
ho creduto alle serpi invece che al tuo sorriso.
Il mio onore, il mio sangue, la mia fede — cenere.
Mi son lasciato piegare da parole sussurrate come vento,
e il vento ha spazzato via la mia ragione.
Ti guardo ora, e ogni tuo silenzio grida la mia colpa.
Avrei dovuto guardare nei tuoi occhi,
non nelle menzogne di chi cercava la mia rovina.
Non fui tradito da te, dolce anima,
ma dal mio stesso cuore che non seppe più amare senza temere.
Ho ucciso la luce che dava senso al mio cammino.
Oh, Desdemona, perdona il moro tuo —
non come marito, non come carnefice —
ma come uomo, cieco e fragile,
che ha confuso la gelosia con la verità.
Ora l’acciaio mi attende, freddo e giusto.
Che il mio sangue lavi il tuo, e il mare di Venezia
cancelli il nome d’un folle che amò troppo.
(Si trafigge.)
Ecco, Otello non vive più —
solo l’eco del suo errore,
e il sussurro d’un amore che nessuna morte potrà spegnere.
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