Estero

Massoneria: giro di vite tra i membri della polizia inglese

Nel Regno Unito si apre un nuovo capitolo nel dibattito su trasparenza, conflitti di interesse e fiducia nelle istituzioni. La Metropolitan Police ha annunciato che difenderà con decisione la propria scelta di richiedere a ufficiali e personale di dichiarare l’eventuale appartenenza alla massoneria, una misura che ha già suscitato reazioni contrastanti e un confronto legale.

Secondo quanto comunicato dalla Metropolitan Police, la decisione nasce dall’esigenza di rafforzare la fiducia del pubblico e degli stessi agenti, garantendo che eventuali conflitti di interesse siano noti e gestiti in modo trasparente. La polizia londinese ha sottolineato che circa due terzi degli agenti e del personale interpellati ritengono questa politica necessaria, e che una parte significativa dell’opinione pubblica potrebbe condividere tale valutazione.

La misura ha però incontrato l’opposizione della United Grand Lodge of England, che ha deciso di ricorrere alle vie legali chiedendo un’ingiunzione per bloccare l’implementazione della policy. Secondo la Gran Loggia, l’obbligo di dichiarazione potrebbe violare la libertà di associazione e creare una discriminazione nei confronti dei membri della massoneria.

La Metropolitan Police ribatte che la richiesta di trasparenza non riguarda il giudizio sull’organizzazione in sé, ma il ruolo della massoneria nel contesto dell’attività di polizia, tema sollevato più volte nel corso degli anni. In particolare, viene richiamata una raccomandazione contenuta nel rapporto del Daniel Morgan Independent Panel, che invitava ad affrontare in modo chiaro e sistematico la questione delle possibili reti di lealtà interne alle forze dell’ordine.

Secondo la polizia, non intervenire su questo fronte rischierebbe di danneggiare ulteriormente la fiducia, non solo da parte dei cittadini ma anche all’interno del corpo stesso. Le vittime, si legge nella nota, dovrebbero poter sapere che gli agenti incaricati delle indagini sono stati trasparenti riguardo a eventuali legami che potrebbero influenzare il loro operato. Allo stesso modo, gli agenti dovrebbero avere la certezza che eventuali segnalazioni di comportamenti scorretti saranno valutate nel merito, senza interferenze dovute a appartenenze riservate o solidarietà informali.

Il confronto resta aperto e si sposta ora anche sul piano giudiziario. La vicenda mette in luce una tensione più ampia tra diritto alla riservatezza e necessità di trasparenza nelle istituzioni pubbliche, soprattutto in settori sensibili come quello della sicurezza. Qualunque sarà l’esito, il caso britannico è destinato a diventare un riferimento nel dibattito europeo su etica, fiducia e responsabilità all’interno delle forze dell’ordine

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