Chissà poi dove sta la vera tristezza, dove sta la vera gioia, mi diceva qualche giorno fa un caro amico. Era l’attimo di condivisione di riflessioni sulla vita e sulla morte.
Chissà dove, questa è la domanda chiave. Chissà. Viviamo eventi tristi ed eventi gioiosi, viviamo l’attimo con intensità o noncuranza. Poi l’attimo trascorre, diventa il nostro passato e a noi – spesso – restano domande senza risposta.
Tempo fa, in un libro avevo letto che gli eventi di una vita non si cancellano mai. Li viviamo, trascorrono, magari ce ne dimentichiamo, ma quel che abbiamo vissuto rimane in noi.
Scordiamoci il passato è una frase usuale, ma quel che è accaduto non si può cancellare. Lo si può soltanto elaborare.
Noi siamo l’insieme degli eventi che chiamiamo globalmente “passato” e in noi è già contenuto quello che chiamiamo “futuro”. Noi siamo il “presente” e in questo presente è incluso tutto il nostro vissuto. E ciò che è esistito esiste ancora ed esisterà sempre.
Credo dunque che in noi sta la vera gioia e sta la vera tristezza. E’ tutto dentro di noi, nel nostro cuore.
B. Ravelli
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... E tu lo sai comunicare.
Rien ne se perd vraiment dans le profond de son cœur.
Noi siamo costruiti "trinitari"
(i binari sono quelli del computer e del treno):
eros, philos, agapès (3 mots pour aimer)
aïôn, kronos, kaïros (tempo-durata, tempo-successione, tempo-qualificato).
Il mio agapè per te é di tutti i tempi.
Un "rosario" di bacioni a te.
"In quell'istante ebbero termine i libri,
l'amicizia, i tesori senza sosta accumulati,
la casa trasparente che tu e io costruimmo:
tutto cessò d'esistere, tranne i tuoi occhi."
:cry:
NERUDA
>>> Ciapa
Allora anch'io una poesia, non solo tu!
Il dolore per me è l'ASSENZA:
Oggi che t'aspettavo
non sei venuta
e la tua assenza so quel che mi dice
la tua assenza che tumultuava
nel vuoto che hai lasciato
come una stella
dice che non vuoi amarmi
quale un estivo temporale s'annuncia
e poi s'allontana
così ti sei negata alla mia sete.
LA TRISTEZZA E LA GIOIA
Un po' di sano pessimismo
(L'uomo) "somiglierà ancora e sempre alla formica caduta
nella buca del formicaleone: annaspa e annaspa, la poveretta,
sulla terra fine e friabilissima che ricopre le pareti
della buca a forma di imbuto,
e ha anche la sensazione di andare avanti;
ma poi si ritrova sempre nello stesso punto e,
quando il formicaleone si è ben divertito a vederla armeggiare,
l'afferra e la inghiotte.
Da "La catastrofe di Nietzsche a Torino", di Anacleto Verrecchia