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Il dibattito sui destini dell'euro – Alfonso Tuor

Che brutto clima aleggia sopra l’economia internazionale: ricorda quello dei mesi che precedettero la crisi finanziaria del 2008 che sfociò nel fallimento della Lehman Brothers.

Il grosso del maltempo è sopra il Vecchio Continente, ma crescenti turbolenze si stanno manifestando anche altrove.
Esse vanno dal forte rallentamento della crescita dei grandi Paesi emergenti al calo dei prezzi delle materie prime, dai ribassi dei mercati azionari ai 2 miliardi di dollari di perdite accusate dal colosso bancario americano JP Morgan in operazioni su derivati.
Le preoccupazioni più immediate riguardano però la possibilità di un’uscita della Grecia dall’euro. Bruxelles, da un canto, ha dato mandato di studiare un piano per essere pronti a fronteggiare una simile eventualità, ma, dall’altro, farà tutto il possibile per scongiurarla.
Infatti, come dimostrano gli avvenimenti di questi ultimi giorni, l’uscita di Atene dall’Unione monetaria europea aprirebbe una crisi dagli esiti imprevedibili.
L’effetto contagio rischierebbe di travolgere la Spagna e molto probabilmente anche l’Italia. Inoltre molte banche europee (e soprattutto quelle francesi) sono ancora altamente esposte nei confronti della Grecia.
Quindi l’Europa tenterà (e forse anche riuscirà) in qualche modo (sicuramente oneroso e pasticciato) ad evitare, almeno per il momento, l’uscita della Grecia dall’euro.

La situazione di stallo politico in Grecia sta oscurando un fenomeno ben più pericoloso: il sistema bancario europeo versa in condizioni molto critiche. Esse vengono acuite dall’inizio della fuga dei capitali dalla Grecia e anche dalla Spagna che crea il perico­lo di un effetto domino.
La Banca centrale europea sta ancora iniettando grandi quantità di liquidità nelle banche attraverso l’Emergency Liquidity Assistance (ELA).

Questi interventi di emergenza, condotti dalle vecchie banche centrali previo consenso della BCE, non vengono resi noti, ma si è saputo che le banche greche avrebbero ricevuto nelle ultime settimane quasi 100 miliardi di euro.
Lo stato di salute precario del sistema bancario europeo è confermato dalle stime dell’International Institute of Finance, secondo cui le sofferenze delle banche spagnole ammonterebbero a 260 miliardi di euro, ossia ad un quarto del PIL del Paese iberico. Dunque, il sistema bancario europeo è di nuovo in una situazione di forte stress.

Il futuro dell’euro dipenderà comunque dall’esito di quello che è diventato oramai sempre più chiaramente un vero e proprio scontro tra Germania, da una parte, Francia, Italia e Spagna, dall’altra, sul ricorso all’emissione di eurobond, ossia di obbligazioni garantite da tutti gli Stati appartenenti all’Eurozona, per tentare di superare la crisi.
Anche nell’ultimo vertice europeo il Governo tedesco ha ribadito la sua opposizione a qualsiasi ipotesi di trasferimento di parte dell’onere dei debiti dai Paesi deboli a quelli forti.

Il Nein tedesco alle invocazioni di Parigi, Roma e Madrid è dovuto al timore di Berlino di non essere in grado di sostenere un simile fardello e alla sempre più diffusa convinzione che un simile sforzo non sarebbe sufficiente a salvare l’euro.
D’altro canto, le politiche di austerità imposte ai Paesi deboli stanno provocando un rapido avvitamento delle economie in una recessione sempre più grave, che non potrà essere fermata dagli investimenti infrastrutturali ipotizzati anche nel vertice di Bruxelles. A queste politiche di austerità non vi è però alternativa.
Infatti un allentamento di queste politiche verrebbe immediatamente punito dai mercati finanziari con un rialzo dei rendimenti dei titoli pubblici dei Paesi deboli, che sono già molto elevati.
Quindi, nelle condizioni attuali la moneta unica europea diventa una camicia di forza che non lascia spazi di manovra.
Il peggioramento delle condizioni economiche fa anche ritenere che non si potrà continuare ancora a lungo ad affrontare la crisi dell’euro con palliativi che permettono solo di guadagnar tempo, anche perché i cerotti saranno sempre più costosi e sempre meno utili.
Perseverare in questa direzione presenta inoltre il rischio che si giunga ad un’esplosione incontrollata dell’Unione monetaria a causa del fallimento di un Paese oppure di alcune banche europee.
La questione di una spaccatura ordinata dell’euro, che non sarebbe affatto catastrofica, è dunque all’ordine del giorno.

Alfonso Tuor
– pubblicato sul Corriere del Ticino il 26 maggio 2012 – per gentile concessione dell’autore

Redazione

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  • ciao!

    euro problem ??

    math equation of euro problem

    $ : USA = € : x

    solution is

    x = USA * € / $

    chiaro??
    :wink:

  • Ma come ci si diverte!

    "http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&view=article&id=822:intervista&catid=21:scuola-austriaca-di-economia&Itemid=177"

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