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Premiare la differenza nella scuola, invece di cancellarla – Luca Paltenghi

È tornato d’attualità negli scorsi giorni, dopo la presentazione di un’iniziativa parlamentare generica da parte del gruppo dei Verdi, il dibattito attorno all’abolizione dei livelli A e B nel secondo biennio della scuola media per i corsi di tedesco e matematica.

Personalmente ritengo che quest’iniziativa non vada nella giusta direzione per diversi motivi.
In primo luogo, se è giusto e doveroso che tutti possano accedere alla formazione e alla cultura di base, è altrettanto giusto che a partire da un determinato momento vengano “premiati” gli allievi che eccellono, mentre quelli con più difficoltà vanno seguiti in maniera diversa per aiutarli a raggiungere comunque un livello di formazione soddisfacente.
È fondamentale che chi vuole accedere ad una scuola superiore (liceo o scuola di commercio prima, università o scuola universitaria professionale poi) possa acquisire le giuste conoscenze fin dalla scuola media per non trovarsi ad arrancare in seguito, con il rischio che nel lungo termine il livello delle scuole superiori venga abbassato.
D’altro canto, è altrettanto importante che gli allievi con difficoltà o meno dotati possano beneficiare di una formazione di base e di un aiuto più mirato da parte dei docenti per raggiungere tale obiettivo e indirizzarsi in seguito verso una formazione professionale.

L’UDC nel suo programma pone l’accento sul fatto che la formazione duale basata su apprendistato e scuola professionale debba essere rivalutata e proposta come un’alternativa di pari livello rispetto ad una formazione superiore, non come una scelta di serie B come hanno la tendenza di credere i genitori e più in generale la società odierna. La società e l’economia hanno bisogno sia di bravi muratori, piastrellisti, tappezzieri, che di impiegati di commercio o laureati in fisica, medicina o diritto.
I dati dell’ultimo test PISA (Programme for International Student Assessment) dimostrano che la Svizzera ottiene risultati ottimi, e che “ad eccezione del Liechtenstein, tutti gli altri Paesi limitrofi registrano un valore medio significativamente inferiore a quello svizzero”.
E ancora, gli allievi che eccellono sono “una percentuale ben più alta di quella dell’OCSE, di tutti i Paesi limitrofi e anche della Finlandia” dove i livelli nella scuola media non esistono.
Quanto al Ticino, esso ottiene risultati migliori rispetto agli altri paesi pur situandosi in ultima posizione in Svizzera.
Guarda caso, i cantoni dove non solo vi sono dei livelli, bensì vi è addirittura una selezione in tre tipi di classi diversi, ottengono risultati migliori rispetto al Ticino.

Personalmente ritengo che si debba andare verso questa direzione, introducendo tre tipi di classi sul modello ad esempio del canton Friborgo: una classe con esigenze di base, una classe generale, una classe pre-liceale.
La scelta va fatta basandosi su più fattori, ovvero il parere dei genitori, il parere dei professori, i voti ottenuti in determinate materie e i risultati di un test o esame che dir si voglia.
Naturalmente deve essere possibile la mobilità da una classe ad un’altra, nonché l’accesso ad una scuola superiore nonostante la frequentazione di una classe generale, a condizione di superare un esame.
Le differenze di talento e capacità degli allievi vanno viste come uno stimolo per aiutare tutti in maniera appropriata, non come qualcosa da cancellare in nome di un’uguaglianza ingiusta e arbitraria.

Luca Paltenghi
Segretario generale GUDC Svizzera
Vicepresidente GUDC Ticino

Redazione

View Comments

  • Volendo far diventare un'aquila un asino si finisce per farlo diventare un allocco. :wink:

  • Eccellente articolo del giovane Luca Paltenghi.
    Ne avessimo molti di simili giovani!

  • Certo che voi femmine guardate sempre le foto dei "musini".
    Informati su chi è Paltenghi e di cosa si occupa... e poi eventualmente potresti formulare ipotesi.

    Oltre a tentare di infrangere alcune leggi sulla privacy...mi sembri una mammina preoccupata di eliminare i livelli perché hai un figlio che "ga la fà miga"... ci sto andando vicino? (chi ha frequentato Ticinonews e TIO potrebbe confermare).

    Sei sotto osservazione. 8)

  • La redazione ha cancellato un mio post che non era rivolto a Paltenghi che stimo molto (lui lo sa bene) bensì ad altro personaggio bifronte.
    Chiedo scusa a Paltenghi ma non era nelle mie intenzioni essere frainteso.

    • Già che ci sei, chiedi scusa anche a me!
      E sia chiaro che t'invito a cena!

      Pace Pace Pace Pacem in terris

      • Ma che bella giornata ... splende il sole ANCHE su Ticinolive!

        E rispettiamoci anche per la nostra diversità di opinioni, apprezzando l'opportunità di poter esprimerci liberamente.

  • Leggendo i miei commenti precedenti, la redazione invece di equivocare e cancellare il mio post, poteva arrivarci da sola senza nessun sforzo.

  • Il Popolo, manco a dirlo, è buono: lavora, produce, si sporca le mani e paga. Gli Stati sono corrotti, improduttivi, parassitari. I buoni da una parte, cattivi dall’altra nessuna distinzione tra istituzioni, governi e parlamenti. Ora il Popolo vuole dire la sua sulla Scuola! E tra il popolo si sta diffondendo una preoccupante dottrina: quella del sapere spendibile: "utile". Viene suggerita come una ricetta prodigiosa per risollevare la scuola dalla crisi, senza rendersi conto di quanto sia fuorviante. Questo modello inventato, come era logico, nel campo aziendale, si propone di applicare alla scuola le leggi economiche della produzione delle merci che hanno avuto, si dice, successo(?) nel campo produttivo. Si tratta del progetto di trasformare la scuola in una impresa, gli insegnanti in selezionatori, gli studenti in selezionati. La dimensione mercantile ha inquinato la mente di politici, genitori e anche di alcuni insegnanti e li ha condotti a considerare il sapere unicamente come un prodotto finalizzato alla riuscita economica . In tale prospettiva diventa “naturale” l'inutilità di molte materie e di quei saperi che non sono proficuamente spendibili nell'attuale mercato del lavoro. La commercializzazione del sapere ha dissolto ogni motivazione verso la formazione dell’intelletto. Si è diffusa l'idea tossica che non serve studiare se non ciò che sia “utile” già a partire dalla scuola dell’obbligo. Ne deriva il folle concetto che non serve a nessuno conoscere tutto quello che non sia direttamente legato alla promozione. Per i saperi che contano e promuovono, inoltre, scatta l’immediata richiesta di tassonomie, tabelle e "pisane" graduatorie... a livelli. Una maldestra semplificazione della complessità.

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