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"Il bambino invisibile" – Una tragedia e un miracolo nel romanzo di Marcello Foa

Sant’Elena è un villaggio del Cile sperduto, misero e triste. Manuel un bimbo infelice. “Abuelito” un nonno ubriacone e crudele. Tre-cinque-otto sono i numeri fatali della vita di Manuel. A tre anni gli accade una cosa terribile, che tuttavia si cancella dalla sua mente. A cinque fugge nei boschi, restando però nelle adiacenze del villaggio. A otto incontra la salvezza: una coppia di milanesi lo adotta e lo porta con sé in Italia. Diventa Manuel Antonio Bragonzi. Oggi è un uomo di 36 anni con una moglie e tre figli.

Il libro di Foa descrive lungamente il “tempo della foresta” del piccolo Manuel. A cinque anni sfugge a un “nonnino” crudele al limite del sadismo (che forse vero nonno non è) e a una società anche di bambini che lo rifiuta e lo umilia. Si inoltra nei boschi, ma il villaggio non l’ha abbandonato per sempre. Certe volte ci torna di nascosto e di notte. Manuel diviene un “bambino invisibile”. Tanto nessuno lo cerca, perché Manuel non manca a nessuno. Impara ad arrampicarsi sugli alberi, a catturare piccoli animali. Si nutre di bacche, dorme all’addiaccio.

Manuel non ha abbandonato il villaggio solo per le cinghiate ossessive dell’abuelito: una rivelazione terribile, fattagli da un anziano vicino di casa, lo ha sconvolto in profondo. All’età di tre anni – ciò che egli ha completamente rimosso – ha assistito al bestiale omicidio di sua madre, incinta, uccisa con un calcio al ventre dal feroce abuelito.

Ora, se il mondo degli uomini lo ha escluso e maltrattato, la natura sembra accoglierlo, gli uccelli cantano la forza della vita, le fronde stormiscono e i prati lo accarezzano. Se casa è un posto dove sentirsi protetti, lì è casa sua. Nella foresta Manuel fa anche incontri buoni: con un cacciatore che gli regala un coltello; con una donna che lo soccorre quando, caduto da un albero per troppa audacia, giace al suolo urlante con un braccio spezzato.

Dopo tre lunghi anni di sofferenza, intensamente vissuti nella magia verde del bosco, Manuel viene ritrovato, ricoverato, ripulito, curato. Ha otto anni ed è piccolo, sottosviluppato per la sua età. I coniugi milanesi gli vogliono bene dal primo istante. Manuel vola verso l’Europa, l’Italia, Milano!

La scrittura di Foa, valente giornalista che fa il “romanziere di cose vere” è ricca, coinvolgente, piena di pathos. Di Manuel Antonio Bragonzi dice: “Il libro non l’ho scritto tutto da solo. L’abbiamo scritto insieme”.


Una vicenda simile a quella di Manuel è narrata da Aaron Appelfeld nel libro “Storia di una vita”. Nell’autunno 1942 il decenne Aharon, ebreo, fuggì – per salvarsi – nei vasti boschi dell’Ucraina e lì si nascose e vagò per tre anni.

Relatore

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