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Lettera al presidente della Camera di Commercio Franco Ambrosetti – di Alain Bühler

Signor Ambrosetti (l’aggettivo Egregio non mi sento di concederglielo…),

la sua posizione rispetto al fenomeno del frontalierato, ormai, la conoscono pure i sassi. Quel fenomeno, che da cuscinetto per l’economia cantonale è diventato un pilastro portante, facendo scempio del nostro mercato del lavoro interno. Aspettarsi che lei possa assumere una posizione critica, in quest’ambito, sarebbe come chiedere a uno zoppo di battere in una corsa Usain Bolt. Questo è un dato di fatto.

Ma la sua presa di posizione odierna va ben oltre, accostarci a un mostro quale è stato Göbbels, oltre ad essere un’ingiuria in piena regola, dimostra anche a quali bassezze può arrivare per difendere la gallina dalle uova d’oro. Ha ragione, quando parla del fatto che il lavoratore frontaliere è una risorsa, e io e i miei colleghi di partito siamo pienamente coscienti dell’importanza per alcuni settori economici di questa manodopera. È un dato di fatto che le braccia che lavorano nelle viscere delle nostre montagne per costruire Alptransit, per fare un esempio, non sono propriamente patrizie della Val di Muggio. Ma quando un fenomeno prende il sopravvento e arriva a toccare settori in cui la ricerca d’impiegati all’estero non è assolutamente necessaria e a sostituire lavoratori residenti in Ticino con personale da oltre confine, perché nettamente più a buon mercato; è in quel momento che la ricchezza dell’economia cozza con il disagio sociale del cittadino ticinese ed in momenti come questi che monta la protesta. È comodo produrre utili a spese dei lavoratori ticinesi, acquisendo manovalanza a basso costo per ampliare i margini di profitto specialmente nel settore terziario. Ora, lei avrebbe l’ardire di ricondurre ai lavoratori frontalieri il successo della piazza finanziaria ticinese, senza tenere conto del fatto che il successo finanziario del nostro Cantone ha radici ben più lontane, negli anni ’70 e ’80, quando i frontalieri nel terziario, se c’erano, erano quattro gatti.

La questione fondamentale è però questa, il nostro partito in ogni sua campagna si è sempre mosso contro il fenomeno del frontalierato e non contro il singolo lavoratore. Campagne forti, vero, ma che hanno il pregio di focalizzare l’attenzione su quelli che sono i problemi reali sentiti dalla popolazione. Se siamo arrivati a questo punto è solo a causa della totale mancanza di senso etico e sociale dell’imprenditoria ticinese. Si ricordi che se una maggioranza del popolo ha avallato la libera circolazione, è perché si fidava del fatto che l’economia non avrebbe afferrato l’opportunità per licenziare personale autoctono per assumere manodopera estera a basso costo. Una fiducia che lei e la stragrande maggioranza degli imprenditori di questo Cantone avete tradito.

Quindi ci faccia la cortesia di evitare di darci lezioni in merito a questioni che ormai tutti conoscono nel minimo dettaglio. Se lei, soppesando opportunità e rischi, ha deciso che la libera circolazione è da difendere a tutti i costi, anche se a farne le spese sono i cittadini che vanno in disoccupazione o alla peggio in assistenza, i giovani che non trovano un posto di tirocinio oppure tutte quelle persone che subiscono la criminalità importata dalla Lombardia; ecco io non sono assolutamente d’accordo. Soppesando il tutto, sono dell’avviso che l’accordo rappresenta più una minaccia che un’opportunità per il benessere e la sicurezza del cittadino e come tale va rescisso il prima possibile e, come me, la pensano più persone di quanto lei possa immaginare…

Cordialmente,

Alain Bühler, presidente dei Giovani UDC Ticino

 

Relatore

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  • Poniamo il caso dell'Amor Patrio (Sì, proprio quello maiuscolo). Per l'amorpatrio i demagoghi nostrani di ogni partito farebbero l'impossibile. Contingentare la mano d'opera straniera, introdurre controlli capillari e severi alle frontiere, mandare l'€u a quel Paese, magari reintroducendo la CIVICanti€U come mezzo dissuasivo. Ovviamente sciorinata da docenti selezionati, somministrando loro preventivi test di affidabilità ideologica: tre strofe cantate a memoria del Salmo, per esempio. Quindi aumentare la potenza di uomini e di mezzi della sicurezza nazionale: esercito, guardie di confine e polizie. Il tutto per impedire che lo straniero occupi il suolo di Tell. In altre parole: blindare la Patria. Per Amor Patrio.

    Ma come tutti i discromatici, anche i populisti (elettori, soprattutto) non percepiscono le importanti tonalità del problema. Le sfumature colorate che determinano i fondamentali problemi dell'occupazione (in senso lato) di un territorio. Come la presunta o veritiera sostituzione dei salariati indigeni con quelli frontalieri. Non si vede che “l’anomalia” è determinata, in realtà, da fenomeni impliciti all'economia azionaria in libera concorrenza. Lavoratori, imprenditori e azionisti in un'economia di mercato liberale stabiliscono autonomamente costi, salari e modalità occupazionali. Se i lavoratori sapessero organizzarsi, probabilmente potrebbero difendersi autonomamente (come sarebbe auspicabile e macho) per mezzo della loro forza contrattuale. Se non sanno/possono/vogliono organizzarsi diventano vittime “solitarie” del "formidabile" meccanismo mercantile: "Ogni lavoratore è tenuto a competere con chiunque sul pianeta sappia fare il suo stesso lavoro." “Lo Stato non esiste.” Ricordate Ronald&Maggie?! Epperò la destra populista chiama in causa, nello specifico, l’altrimenti insopportabile Stato. E (G)li suggerisce pure cosa deve fare: contingentare, controllare, notificare, stipulare accordi restrittivi, in altre parole condizionare la libera contrattazione delle parti per frenare la “valanga”, si dice, dei lavoratori disposti a tutto. Un politica statalista sui generis vigorosa (machista) per evitare l’occupazione straniera. Ecco la cecità cromatica dei nostri populisti. Infatti non vedono che il nostro territorio è già conquistato. È assoggettato alle leggi dell'economia di mercato. Ma, come personalmente convinto, tutti movimenti populisti ticinesi sono (altrimenti) favorevoli all'economia di mercato. Per cui diventa penoso sentirli strillare contro un imprenditore che, probabilmente, difende i vantaggi concreti che ne conseguono. Vantaggi per l'economia di mercato.

    • Evidentemente Ambrosetti (lo dice) fa un discorso pro domo sua. Ma ha ragione quando parla di propaganda. Non uso aggettivi. Basta il nome citato provocatoriamente dal Presidente della camera di commercio. Il personaggio citato aveva calcolato, ben capito e fortemente utilizzato la propaganda per manipolare la realtà e quindi in seconda istanza, assoggettare (democraticamente! al volere del suo sciagurato capo e di una ormai consistente parte di popolo in balia della pura follia) un'intera nazione. Coloro che poi, terminata la seconda guerra mondiale, avevano provato a chiarire cosa stava alla base di codesta follia, convengono sulla strategia iniziale del "nemico esterno". Come non ritrovare nei movimenti populisti a noi contemporanei la stessa dinamica. Oggi i "nemici esterni" dei demagoghi nazionalisti hanno assunto altre caratteristiche, (lavoratori e religioni concorrenti) ma alla fine tutto torna ad essere finalizzato al consenso popolare e quindi al potere. È di recente attualità perfino la costruzione di un "nemico interno". Già nell'aria la subdola critica a coloro che sono scettici sulla rinascita di un nazionalismo epidermico che "impone" (democraticamente!) lo studio del Salmo svizzero ai bambini delle elementari. Tragico come sia presente la tentazione di continuare a utilizzare modalità per esasperare ideologicamente la vita politica, compattare il proprio schieramento e legittimare se stessi come gli unici, esclusivi rappresentanti dei veri interessi nazionali.

      • Okay, d'accordo sulla macchina manipolatoria demagogico-populista. Concordo. Tempi nuovi: vecchi tragici sistemi. Insomma. Ma non sottovaluterei l’aspetto sindacale della questione. Eh sì, sindacale. Un termine attualmente negletto ma preciso. Il problema dei lavoratori indigeni sostituiti dai frontalieri è pure di carattere sindacale. Deriva della/dalla organizzazione economica mondializzata, complessiva, globale. La borderless economy: economia senza confini, nel senso più ampio del termine. Tu compri una lampada in Ticino, questa contiene una lampadina cinese, un interruttore coreano, il filo elettrico rumeno, il tutto in una scatola di cartone taiwanese, arrivata via mare con nave panamense. E la compri, anche per risparmiare quattro soldi, senza farti troppe domande su chi la fabbrica, chi ci perde e chi ci guadagna, a quali condizioni esistenziali sono sottoposti gli uomini e le donne che la producono. E chi mette in tasca le tangenti, quanto ammontano in percentuale e in quali banche vanno a finire. Speri, come tutti, che i lavoratori di quelle contrade sappiano difendersi, si organizzino e migliorino le loro condizioni di lavoro. Noi qui, INVECE (termine pertinente) s’usa chiamar lo Stato in soccorso. Aiuto Stato! Che sarebbe come dire: non siamo capaci di risolvere le faccende da uomini liberi! Vogliamo le leggi, le ordinanze, i decreti, i contingenti, i regolamenti, le notifiche, le prescrizioni, i controlli. E le obbligatorietà pedagogiche. E la tanto declamata, implorata, richiesta, gridata di liberal-libertà?! Libertà??

        Ci avete frainteso!

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