Il Dodd-Frank Act, approvato negli Stati Uniti tre anni fa, impone alle grandi banche di stilare dei “testamenti” in cui prevedono la strada da seguire in caso di bancarotta per evitare che i costi vengano scaricati sui contribuenti.
Non mancano però le voci critiche, come – scrive l’agenzia Bloomberg quella di Jim Wigand, responsabile della Federal Deposit Insurance Corporation, secondo cui nessuna delle grandi banche finora è stata in grado di predisporre un piano per gestire un eventuale fallimento senza mettere a repentaglio la stabilità del sistema finanziario.
Stando a Wigand, la fattibilità di questi piani resta una questione aperta. Nel 2012 le 11 maggiori banche statunitensi hanno infatti trasmesso alle autorità le prime bozze di “testamento”, che a suo dire sono di diversi livelli qualitativi, ma tutte avevano ancora molto da migliorar».
Entro il prossimo ottobre gli istituti dovranno sottoporre ai regolatori una nuova versione del documento.
Rodgin Cohen, legale di uno studio che rappresenta le grandi banche, ritiene che il processo ordinario necessario per la bancarotta è troppo lento e incerto per riuscire a gestire in modo sicuro un fallimento, senza conseguenze sul sistema.
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