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“Putin è un osso duro!” – di Gianfranco Soldati

Pasquetta 2014: Joe Biden, vice-presidente USA, è arrivato a Kiew con l’aereo presidenziale sulla cui fusoliera sta dipinta, invisibile perché immaginaria, la colomba della pace di Picasso. E`sceso dalla scaletta portando personalmente due grosse valige, contenenti una grossi frammenti di democrazia, l’altra 4 staii (staio: vaso a doghe con cui nei tempi andati si misuravano le granaglie) di pulviscolo di pace. Un graditissimo dono ai ribelli ucraini, che non si accorgono che fanno entrare la volpe nel loro pollaio, e neppure sanno di latino: “timeo USA et dona ferentes”, dicevano già i romani, “temo gli Stati Uniti anche quando recano doni”.

Lo scorso mese di marzo si è tenuta a Ginevra una conferenza organizzata da una sottocommissione dell’ONU per analizzare la situazione dei diritti dell’Uomo in Iran, con diversi autorevoli relatori. Uno di questi, Alfred de Zayas, collaboratore ed esperto esterno dell’ONU in una sua Commissione per la Promozione di un Ordine Internazionale Equo e Democratico (nota disincantata mia: le utopie non muoiono mai, con il solo risultato di far spendere malamente somme ingenti) ha concesso un’intervista al quindicinale “Zeit-Fragen”. de Zayas lavora da decenni per l’ONU, è stato attivo in ogni parte del mondo e ha accumulato una conoscenza approfondita delle attività statali manifeste e anche di quelle meno evidenti. Alla fine della sessione primaverile del Consiglio dei Diritti dell’Uomo dell’ONU, de Zayas è stato riconfermato nel suo mandato di esperto esterno con un voto a maggioranza. Fa notare che è insoddisfacente il fatto che ci siano paesi che guardano ancora con diffidenza e scetticismo alle convenzioni sui diritti dell’Uomo. Il suo mandato concerne problemi universali e è una sintesi dei diritti  politici, economici, sociali e culturali dei cittadini. Nel suo rapporto del 2014 al Consiglio dei Diritti dell’Uomo propone come conditio sine qua non per la riuscita del progetto di instaurare un ordine internazionale pacifico e giusto quella del disarmo generale. Sotto l’egida dell’ONU gli Stati dovrebbero poter trovare un accordo per avviarsi sulla strada del disarmo con una radicale diminuzione dei bilanci militari. Invece dall’11 settembre 2001 gli USA hanno proceduto ad un riarmo accelerato in nome della sicurezza nazionale. Eduard Snowden ha svelato l’affare dello spionaggio sistematico, da parte di una NSA (National Security Agency) di cui si sa solo che ha circa 35’000 funzionari e quindi costi miliardari sia per il personale che per le apparecchiature. (Osservazione mia: un apparato senza neppure una parvenza di legittimazione democratica, al comando di un gruppetto di persone che, in nome della sicurezza nazionale, fa il bello e il cattivo tempo. In un paese che si vuole esempio di democrazia e che pretende addirittura di esportarne. Ne ha esportata talmente tanta, di democrazia, che non glie ne è più rimasta in casa!). La lotta contro il terrorismo non può giustificare simili procedure. La messa in opera della NSA era e rimane un atto illegale, illegittimo e contrario alla costituzione americana. Costituisce inoltre una grave violazione dell’articolo 17 del Patto internazionale dei Diritti Civili e Politici. Il cittadino democratico dovrebbe sapere esattamente quanto gli costa l’esercito e quali armi compera o produce. Il cittadino statunitense no. La lobby delle armi gli lascia però la facoltà di comperare tutte le armi individuali che può desiderare.

La NATO è stata fondata per opporsi alle minacce del Patto di Varsiava che è scomparso da tempo. Ha continuato la sua espansione e conduce in permanenza guerre di aggressione, mascherate sotto denominazioni varie. I miliardi investiti in queste attività sarebbero bastati per risolvere in buona parte i problemi della povertà in cui vivono miliardi di persone.

Perché non si riesce a concretizzare questi propositi ragionevoli? De Zayas addebita la colpa al complesso industriale degli armamenti, e in parte ha sicuramente ragione. Da buon cittadino statinitense non osa però accusare direttamente il suo governo, che nella sua follia egemonica sta massacrando mezzo mondo e sta raggiungendo il risultato di inimicarselo tutto, e questa è la causa prima del terrorismo che vuole combattere. Un cane rabbioso che non si accorge che in fin dei conti sta azzannando sé stesso.

L’art. 26 della Carta dell’ONU concerne il disarmo. L’ONU ha costituito la Conferenza sul Disarmo e l’UNIDIR (United Nations Institute for Disarmament Research) per stabilirne le modalità, senza che queste entrassero in collisione con il diritto dei popoli alla propria difesa, così come stabilito dall’art. 51 della stessa Carta. Il diritto che la Carta dell’ONU non prevede è invece quello delle guerre preventive, un diritto di cui gli USA abusano, imponendolo anche ai loro alleati nei ranghi della NATO. Il diritto alla propria difesa armata non comporta certo la necessità di enormi spese per ulteriormente rafforzare l’armamento atomico, e è un diritto che entra in vigore solo se si è aggrediti, non prima.

Fino al 1990-1991 quando si parlava di diritto dei popoli a decidere il proprio destino si parlava dei processi di decolonizzazione. Tutto cambiò con l’esplosione dello stato jugoslavo. Il diritto all’autodeterminazione si scontrò  con il diritto alla conservazione dell’integrità territoriale di uno stato. In Irlanda, nei Paesi Baschi, adesso anche in Catalogna, in Belgio i problemi non sono risolti, gli attriti evidenti, con diverse gradazioni.

Ora, in Ucraina, siamo a questo punto:

  1. Un governo, autoritario fin che si vuole, ma democraticamente eletto, è stato rovesciato con la forza e con evidenti “contributi” dall’estero.
  2. I tentativi di soluzione interna dei problemi, con un Janukowitsch dapprima inflessibile ma poi disponibile a concessioni sono falliti, con intromissione di forze esterne, per esempio l’oramai storico intervento a Kiew di 3 ministri degli esteri europei, di Francia, Germania e Polonia (che, aggiungo io, non muovono un dito e contano meno del 2 di picche quando la briscola è cuori. Non cade foglia che l’America non voglia).
  3. Il turpiloquio della gentil donzella Victoria Nuland (“fuck the EU”) sottosegretaria di Stato degli USA per l’Europa e l’Eurasia dovrebbe aver aperto gli occhi anche a chi non vuol vedere.
  4. Se gli USA non si fossero immischiati negli affari interni dell’Ucraina, gli avvenimenti avrebbero preso una tutt’altra piega.
  5. Adesso il pasticcio è fatto e, aggiungo io, la guerra civile incombe. Per le abitudini dei nostri amici americani i morti sono ancora una bazzecola trascurabile, ma non dobbiamo disperare. Putin, messo alle corde, sarà un osso ben più duro degli Hussein, Gheddafi e Assad di turno. Gli USA, a loro volta, quando si tratta di esportare pace e democrazia non si tirano certo indietro.
  6. A difendere la popolazione ucraina, russofili e eurofili sulla stessa barca, resta solo il buon senso della gente semplice. Quella che non conta niente.

 Gianfranco Soldati

Relatore

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