Categories: Democrazia attiva

Politica e arte – di Pierre Rusconi

Dopo la polemica scaturita dall’invito, con tanto di ospitata d’onore, del regista Roman Polanski, si sono moltiplicati gli interventi che imputano alla politica un’invasione inaccettabile di campo nelle scelte festivaliere.

L’arte è al di sopra di ogni giudizio o interferenza dei non addetti ai lavori! Questo sembra essere il messaggio che viene inviato al mondo politico e a chi non ha gradito l’invito al regista francese. La libertà di scelta deve essere tutelata e le intromissioni sono chiaramente poco gradite al mondo festivaliero. La politica e le sue esternazioni considerate dannose* per l’immagine della manifestazione.

In questo senso si è espresso anche il presidente del Governo, che in quanto a prese di posizione, ultimamente non fa certo l’unanimità**.

Ma le “intromissioni” del festival nella politica sono ampiamente lodate e i commenti che denunciano le presunte distorsioni del sistema sono gradite e discusse.

Film che trattano temi quali il rinvio di asilanti recalcitranti, la vita di Blocher, i sans papier e altre tematiche politiche sono all’ordine del giorno. Tutto legittimo e auspicabile, ma i vasi sono comunicanti, e i giudizi, da una parte o l’altra degli schieramenti democratici, piovono sulle scelte di film e ospiti lo sono altrettanto.

Non si tratta di censurare o di voler condizionare il futuro ma semplicemente esprimere dei pareri su situazioni e scelte non condivise.

L’importanza della manifestazione i finanziamenti pubblici della stessa non rientrano nella discussione, ma rivendicare il diritto di esporre le proprie opinioni è e rimane una prerogativa di tutti, politici compresi. Niente bavagli a chicchessia, è a mio avviso un valore che va ben al di là delle polemiche di questi giorni.

Pierre Rusconi, consigliere nazionale UDC

 

* Non così atrocemente dannosa, se si considera che essa procura al festival non meno di 6,3 milioni di cocuzze di finanziamento (denaro pubblico)

** Brillante e giocoso eufemismo rusconiano

 

 

 

 

Relatore

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  • Arte e politica: convivenza difficile? Certo che sì. Da (quasi) sempre. Proprio perché parimenti, checché se ne dica, seguono un’ideologia. Talvolta in sintonia, talvolta i contrapposizione. In sintonia quando per caso o per forza (dittature) parlano la stessa lingua. Il “caso” vuole (in questo “caso”) che sia sempre la politica ad indicare all’arte la strada da seguire; ovvero “arte” quale strumento di “propaganda politica”. Nelle dittature il rapporto è chiaro. Chi paga comanda. Se fai dell’arte antiregime, sei bandito. Niente soldi. Escluso. Sei un provocatore. Ti attende il confino, la galera. Se invece partecipi all’abbuffata di regime puoi ritagliarti uno spazio di notorietà ( e di ricchezza) alla condizione di non sgarrare. Altrimenti ti aspetta l’oblio.

    Ma nei cosiddetti regimi di “libertà” democratica la faccenda si fa oltremodo complessa. Esiste un’arte di regime? Probabilmente sì. Il fatto che è difficile vederla. Perché si nasconde tra le pieghe. Per esempio la cinematografia di molti serial. Che propagandistici sono, ma non lo vedi. Anche molti lungometraggi d’oltreatlantico fatti di guerre stellari e anche terrene, dove i buoni e i cattivi stanno sempre da una certa parte. Propaganda? Molti diranno di no. Personalmente protendo per il sì. Ma è difficile provarlo. I pareri non sono unanimi. Questo avviene anche nella letteratura, nell’arte figurativa, nell’architettura, nella musica, nella cosiddetta arte pubblicitaria. Un’arte di “consumo”? Un’arte che stimola i “consumi”? Un’ arte (si può dire?) che non “disturba” il consumismo economico? Arte di regime? “A” maiuscola oppure “r” minuscola? O viceversa a/R?

    Ammesso di saper/poter chiarire la faccenda di cui sopra (che non è cosa facile facile) eccoci davanti a nuovi dilemmi: per esempio è pensabile/possibile fare dell’arte, diciamo “d’opposizione”? È necessario/doveroso fare dell’arte “critica” rispetto al mainstream consumistico? Dove e come e in che misura è “giustificabile” fare dell’arte “alternativa?

    Per concludere (se si potesse) e arrivando al sodo: chi paga tutto questo? E lì il problema si fa ancora più complesso. Personalmente avrei qualche idea ma non voglio allargarmi troppo; in attesa di altre osservazioni. Sperando che la libertà non sia solo e davvero stare sopra un albero.

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