Questa è la Milano di Pisapia

Pubblico, in forma parziale ma perfettamente comprensibile, riprendendolo da www.dagospia.com, questo testo impressionante, che è dettagliato e suppongo perfettamente veridico.

Siamo a Milano, non al Cairo o a Napoli. Milano, la metropoli sulla quale noi – benché separati da un confine politico – gravitiamo; la città di sant’Ambrogio, del cardinal Federigo e di Alessandro Manzoni. 70 chilometri a sud di Lugano, dalla elegante via Nassa “presidiata” da Roic e Ghisletta.

«Bastarde, ve ne dovete andare». L’urlo rimbomba nel buio del cortile, stretto tra le due palazzine, poca luce dei lampioni; nell’ombra, sotto un albero, la statua di una madonnina inquadrata in una nicchia celeste. Un uomo scaglia la prima pietra. Poi un’altra. Contro la porta sbattono sassi, lanciati con sempre più violenza, e anche pezzi di legno raccolti nel giardino. Qualcuno impugna un bastone. «Adesso vi cacciamo noi di qua». Dietro la porta restano in attesa due ragazze rom, incinte. Sono terrorizzate. Hanno occupato da un paio d’ore una casa in via Giambellino al civico 146, scala B, alloggio 9, pian terreno: qualcuno ha spaccato per loro una finestra sul retro.

Sono da poco passate le 23 di sabato. E in questo quartiere popolare si rischia una rissa che racconta il nuovo conflitto sociale nelle periferie di Milano. Inquilini regolari contro abusivi. Le ragazze hanno occupato e poi hanno chiamato, proprio loro, la polizia. Per farsi proteggere. E uscire salve da quella casa. Non è la prima volta.

In città c’è una rabbia latente che bolle e ogni tanto si coagula, di solito intorno alle occupazioni abusive dei rom, che erano una ventina qualche anno fa e ora sono oltre 130. Prendiamo il 2 ottobre, ad esempio. Ancora via Giambellino, civico 58. Tre uomini spaccano una porta nella notte, lasciano dentro due ragazze e tre bimbi. L’indomani, all’ora di pranzo, si presentano nel cortile con un furgone e iniziano a scaricare mobili. Gli inquilini li vedono, si danno la voce dalle finestre, si scambiano rapide telefonate, in pochi minuti gli uomini si raggruppano nel cortile e iniziano le urla, gli spintoni. Parte una chiamata al 112, i rom risalgono lesti nel furgone ma uno fa in tempo a dire: «Ho visto chi sei, io torno e t’ammazzo». […]

Mi verrebbe voglia di dire: “Oggi ho troppi impegni, non ho tempo per commentare”. Ma… serve davvero un commento?

 

 

Relatore

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