Cresce il numero delle deputate nel Parlamento cantonale
Una campagna elettorale da sfinimento
*** L’elemento cardinale della società è il femminile, da molto tempo lo so. Come dice il Sommo in versi eterni:
Alles Vergängliche
Ist nur ein Gleichnis;
Das Unzulängliche,
Hier wird’s Ereignis;
Das Unbeschreibliche,
Hier ist’s getan;
Das Ewig-Weibliche
Zieht uns hinan.
Non se ne poteva più, soprattutto perché sappiamo bene che una simile mediatizzazione e tutto l’ambaradan legato alla corsa alle “cadreghe” istituzionali hanno sottratto molto tempo e energia a chi la politica la fa operativamente nei consessi preposti.
10 mesi di campagna
Capisco bene che il PLR, mettendo in campo moltissime forze, aspirasse ardentemente a riacciuffare il secondo seggio in Consiglio di Stato, un obiettivo non raggiunto, sebbene il partito abbia riconquistato qualche posizione dopo le perdite accusate quattro anni fa. Ma è opportuno e funzionale presentare, come ha fatto il presidente Rocco Cattaneo, le candidature per l’esecutivo cantonale con un simile anticipo, costringendo tutti a subire una snervante campagna elettorale di 10 mesi, su una legislatura di quattro anni, e paralizzando in tal modo la progettualità e parte dell’attività politica? Senza contare che fra un po’ prenderanno avvio anche le campagne elettorali per le federali e per le comunali.
Siamo un Cantone di circa 350’000 abitanti, dove in ambito politico, a parte i consiglieri di Stato, tutti gli altri sono politici di milizia, una specificità del nostro paese che sostengo da sempre e che rappresenta anche un fiore all’occhiello della nostra democrazia diretta, ma che potrebbe essere inficiata da certe esasperazioni della macchina partitica e dalla rincorsa alla costosa, finanziariamente parlando, e macchinosa visibilità mediatica che non porta automaticamente al successo elettorale, come confermano alcuni risultati dello scorso 19 aprile.
Ego ipertrofico
Sappiamo che l’ego ipertrofico di certuni genera ambizioni smisurate, ma non siamo alle primarie o alle presidenziali degli Stati Uniti d’America e forse bisognerebbe anche darsi una regolata, contestualizzando il tutto.
Ognuno, nel rispetto della legge, ha giustamente il diritto di fare ciò che gli aggrada (ci mancherebbe altro), ma di questo passo, per accedere alle cariche istituzionali, solo chi dispone, direttamente o indirettamente, di un portafoglio molto ben fornito potrà sperare di raggiungere l’obiettivo, svilendo il principio stesso della “milizia”. A meno che, a finanziare la campagna non ci sia qualche ricca sezione partitica o persone generose e di buona volontà, che non faranno di certo l’apparente “beau geste” in maniera disinteressata.
La presenza femminile
Da molto tempo conosciamo le posizioni, le non posizioni e i cambiamenti di posizione (in periodo elettorale fanno comodo) dei partiti su alcuni argomenti, nei confronti dei quali la campagna elettorale non ha riservato grosse novità e neppure particolari guizzi. Nel complesso, il confronto su temi forti e sulle proposte reali si è rivelato assai debole, fiacco, se non addirittura vacuo.
Sui risultati elettorali, si è detto di tutto e di più
Dopo vent’anni di presenza femminile in governo, il voto dello scorso 19 aprile ha intanto decretato un Consiglio di Stato declinato esclusivamente al maschile, una situazione che ha suscitato qualche reazione. A cominciare da quella della candidata PLR al governo cantonale, Natalia Ferrara Micocci, che ha parlato di “non riconoscimento del ruolo della donna” e di un governo che riporta il Ticino indietro di vent’anni. Strane dichiarazioni, tanto più che la signora, in un dibattito televisivo, ha affermato che non sarebbe stata soddisfatta di vedere in governo la rappresentante della Lega, perché, oltre a portare un secondo seggio a questo partito, non avrebbe rappresentato le sue idee. Insomma, il seggio femminile in governo doveva essere solo e soltanto quello della candidata liberale radicale, cioè il suo. È una posizione assolutamente legittima, però, allora, si evitino i discorsi sulla necessità della rappresentanza femminile a tutti i costi. Sono sempre stata contraria alle cosiddette quote rosa e alle rappresentanze di genere, perché ritengo che le persone debbano essere scelte in base alle loro competenze, alle loro idee e ai loro programmi. Che i partiti debbano fare di più per permettere alle donne di affermarsi è profondamente vero e anche abbastanza ovvio, ma provocano un certo fastidio le solite recriminazioni di facciata e magari anche interessate. I cittadini ticinesi hanno espresso il loro voto, che questa volta, a differenza di altre, esclude le donne dal governo.
In democrazia bisogna saper accettare la volontà del Sovrano, lo stesso che, guarda un po’, il 19 aprile scorso ha sancito l’aumento della presenza femminile in Gran Consiglio, da 16 a 22 deputate, un record (seppur ancora piuttosto modesto) dall’introduzione del voto alle donne . Ora è tempo che, senza tante chiacchiere, governo e parlamento si mettano davvero al lavoro.
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