La Grande Avversaria di Sergio Savoia mi manda, a sorpresa e in extremis, questo articolo di sostegno all’iniziativa verde. “Spero che possiate ancora pubblicarlo al fotofinish!” “Ma certamente, e con molto piacere”.
Questo esempio dal Sud mostra come alcune misure possano risolvere in un colpo solo più problemi. Anche dall’iniziativa “Salviamo il lavoro in Ticino” ci si può aspettare un effetto simile. L’obiettivo principale è quello di garantire ai lavoratori salari che permettano una vita dignitosa e frenare così il grave problema di dumping salariale del nostro Cantone. L’iniziativa contribuirà però anche a ridurre il problema del frontalierato in Ticino: se viene a cadere il vantaggio economico di assumere personale da oltre frontiera, a parità di requisiti, il datore di lavoro tornerà a preferire personale residente. La disoccupazione, più elevata in Ticino rispetto alla media svizzera, verrà almeno in parte riassorbita. Questo senza discriminazione alcuna, senza violazione di accordi internazionali e senza bisogno dell’avallo della Confederazione.
L’esperienza ci mostra che dei salari più elevati siano decisamente un vantaggio per l’economia. In primo luogo, se aumenta la disponibilità economica dei consumatori si ravviva l’economia, a tutto vantaggio degli stessi datori di lavoro. Stati come Germania e Inghilterra conoscono i salari minimi. Anche i cantoni Giura e Neuchâtel hanno introdotto salari minimi di rispettivamente 3’500 e 3’600 franchi mensili lordi. Perché in Ticino l’introduzione di un salario dignitoso dovrebbe portare al disastro?
Oltre a ciò, non si deve dimenticare che nonostante il livello di salari tra i più alti al mondo, la Svizzera attira moltissime ditte internazionali. Condizioni quadro sicure e stabili, alta qualità di vita, ottime infrastrutture, uno stato di diritto affidabile, sono fattori attrattivi molto più importanti dei bassi salari. Nonostante le minacce, saranno ben poche le ditte che se ne andranno.
E per quelle poche che se ne andranno non dobbiamo disperarci: le aziende che occupano solo personale frontaliero, costano più di quanto non rendano a livello fiscale (studio commissionato dal DT all’Università della Svizzera Italiana).
Questa è la domanda a cui il 14 giugno dobbiamo dare risposta: vogliamo che in Ticino si paghino salari che permettano un tenore di vita dignitoso a chi vi abita e mitigare così anche i problemi legati all’elevato numero di frontalieri nel nostro Cantone? Oppure preferiamo continuare a stare inermi a guardare i salari che si abbassano e il personale residente che perde il posto di lavoro a favore di lavoratori più a buon mercato da oltre frontiera?
Io non ho dubbi sulla risposta, per questo sosterrò l’iniziativa Salviamo il lavoro in Ticino.
Greta Gysin
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