Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore
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L’indignazione è tanto più grande considerando che il gigante automobilistico ha come azionista per il 20% un Land germanico (lo Stato) che ha un diritto di veto, gode nel Paese del corale sostegno politico, è gestito da un Consiglio di amministrazione con presenza paritetica dei rappresentanti dei lavoratori. Soluzione che per gli statalisti dovrebbe essere la garanzia contro le degenerazioni capitaliste.
L’amministratore delegato si è dimesso ricevendo dal Consiglio un’indennità (per pensione e buonuscita) di 60 milioni di euro. Decisione oscena. Perché questo signore o ignorava totalmente cosa succedeva nella sua ditta, e allora non merita un centesimo e neppure lo stipendio già incassato, o era al corrente ed allora è complice di una truffa e gli dovrebbe spettare come buonuscita la prigione, dopo regolare processo penale. Ma anche gli altri consiglieri, compresi i rappresentanti del Governo, che ci stavano a fare? Dimentichiamo che anni fa i consiglieri sindacalisti erano stati al centro di uno scandalo a base di donnine e vacanze esotiche pagate dalla ditta. Ma indigna pure l’ipocrisia di VW e altre grosse multinazionali.
Sono spesso confrontate con istanze ecologiche, climatiche, alimentari, sanitarie, in relazione a condizioni di lavoro e ai diritti umani, di potenti gruppi di pressione (ONG: organizzazioni non governative). Istanze talvolta giustificate, talaltra opinabili anche perché non fanno l’unanimità del corpo scientifico, altre ancora smaccatamente ed esasperatamente ideologiche.
In tale situazione, invece di battersi contro negativi condizionamenti dell’economia di mercato, invece di mettere in azione la loro forza anche lobbistica di cui abusano magari per ottenere sussidi e facilitazioni, certe multinazionali fanno a gara per dimostrarsi buoni cittadini e compiacere i richiedenti. Operazione squallidamente di bottega volta ad accaparrarsi qualche fetta di clientela in più e a non urtarsi con potenti agguerritissime ONG che dispongono di bilanci da centinaia di milioni. Il tutto, però, con la possibile intenzione di far poi fessi consumatori e controllori come la VW.
I rapporti annuali di molte aziende contengono ormai più pagine per dimostrare liricamente quanto la ditta si sia comportata conformemente alla corporate social responsibility (la moda di oggi) che a commentare l’attività imprenditoriale o i risultati. Risultati magari meno soddisfacenti, ma che certi manager giustificano in considerazione del fatto che la ditta, comportandosi da «buona cittadina», resiste a quel deleterio richiamo che è il profitto.
Le furbate, poi, vengono scoperte. Gli arruffianamenti con il potere politico e le ONG si rivelano per quello che sono e le multinazionali come la Volkswagen contribuiscono prima a mortificare e poi a discreditare l’economia di mercato. Quella alla quale devono la loro fortuna e la nostra società il suo benessere. Questi sono grossi danni collaterali.
Tito Tettamanti
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