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Perché insegnare l’arte ai bambini: dal gioco all’utilità sociale

C’è sempre qualcuno che affronta i bambini facendo delle smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate invano… non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi. Giochi semplici e molto seri”. Il gioco, semplice e serio, è lo strumento principe con cui il bambino impara, e infatti è su di esso che si concentra l’attività di Bruno Munari, artista, designer e pedagogista, che ha rivoluzionato il modo di intendere lo sviluppo dei bambini e la loro creatività.

Era il 1977 quando a Milano, nella Pinacoteca di Brera, Munari presentava il primo laboratorio per bambini, Giocare con l’arte, che darà poi vita al cosiddetto metodo Munari, oggi universalmente riconosciuto e adottato. I piccoli osservavano le opere esposte al museo e si lasciavano ispirare con pennelli e tempere. Perché i bambini non imparano guardando, ma provando, sperimentando, utilizzando tutti i sensi. Nessuno diceva al bambino cosa fare e come, Munari si dichiarava infatti molto vicino al principio di Maria Montessori: Aiutami a fare da me. Ma perché insegnare l’arte?

Lo spiegava bene Munari in un saggio in cui già il titolo diceva tutto: Fantasia. La creatività si produce quando si creano relazioni, e le relazioni si possono creare tra ciò che conosciamo. Insegnare più cose possibili ai bambini offrirà loro la possibilità di mettere in relazione e, con essa, la capacità di risolvere i problemi che si presenteranno. L’arte in tutte le sue forme, da quella visiva alla musica, dalla danza al teatro, coinvolge tutti i sensi del bambino. Questo sperimentare la realtà sviluppa le sue conoscenze e amplifica le sue competenze relazionali, favorisce l’autostima, l’autonomia e la capacità di esprimersi e comunicare.

Se fino a oggi nelle scuole i programmi educativi tendevano a valorizzare soprattutto la logica, la matematica e lo sviluppo linguistico, ora si ammette che tutto ciò non può prescindere (anzi, ne è influenzato) da una libera espressione dell’emisfero destro, quello dell’emozione e della creatività. Ecco che atelier e laboratori divengono luoghi di elezione per la formazione. Per imparare non bastano occhi e orecchie. Si impara con le mani. L’arte e la creatività dunque non servono banalmente a fare del bambino un futuro artista, ma sono funzionali alla sua evoluzione, individuale e non solo. E allora la fantasia si configura come un’attività di utilità sociale. Un bambino creativo diventerà un adulto migliore.

A questi principi si ispira il Lac Edu, programma educativo dall’approccio interattivo e dinamico. Le attività proposte vengono vissute in prima persona, con un coinvolgimento vivace e divertente per i bambini. Lac Edu organizza workshop creativi sull’arte contemporanea, visite al museo seguite da laboratori, weekend filosofici, cacce al tesoro e percorsi guidati per compiere i primi passi nell’arte.

A Bellinzona c’è chi fa tesoro del Metodo Munari. È il Museo in erba, il museo dei bambini, che qui sono liberi di sperimentare. I piccoli esploratori osservano, dipingono, tagliano, conoscono tecniche e scoprono materiali diversi. Imparano così a guardare il mondo da tante prospettive. Come suggeriva Bruno Munari nei suoi laboratori, il cielo non è soltanto blu e il sole non è giallo. Un bambino creativo usa tutti i colori.

Fondazione IAC

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