“La furia reazionaria e liberista di Matteo Renzi, del Partito Democratico e del grande capitale atlantico…”
La cosa più divertente è che Renzi è il leader della Sinistra! Nella sublime Penisola la situazione è certo disperata, ma non seria.
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La furia reazionaria e liberista di Matteo Renzi, del Partito Democratico e del grande capitale atlantico è stata bloccata: la riforma bocciata in votazione popolare in Italia era stata infatti voluta dalle banche, dalle multinazionali e dall’Unione Europea per distruggere i diritti sociali dei lavoratori e la sovranità popolare.
I comunisti italiani – a cui va oggi il nostro saluto solidale – furono i primi a definirsi giustamente da anni (e non da ieri) “Partigiani della Costituzione”. Ora, dopo questo primo passo di dignità, sono certo che essi continueranno, catalizzando le forze contro l’UE e per l’uscita dell’Italia dalla NATO, una linea che a nostra volta condividiamo.
La sinistra non può permettersi di essere schizzinosa circa gli alleati del momento: la contraddizione principale era salvare a tutti i costi la Costituzione e far cadere un governo non eletto e incapace di rappresentare gli interessi nazionali, ma succube al contrario di potenze estere. Con questo popolo che ha difeso i valori dell’indipendenza, della repubblica e del lavoro, la sinistra deve accettare di stare, oppure è destinata a sparire! E questo è un insegnamento fondamentale anche per noi in Svizzera!
Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista e granconsigliere
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Anche dal voto italiano possiamo trarre un’importante lezione: la Periferia deve (dovrebbe) adeguarsi all’Impero con le modalità espresse dal famoso Washington consensus (1989). In altre parole tutti (o quasi tutti) schiavi di un diktat: cioè quello di dover percorrere l’unica strada ammessa che porta verso l’obbligatoria integrazione nel sistema globalizzato. Negli anni ’80 e ’90 le politiche neo-liberiste sono state consacrate con l’espressione “Consenso di Washington” . Oggi si può dire che un nuovo Consenso di Washington viene riproposto per dare un’apparenza di novità a quello che altro non è se non la ripetizione dei precetti che hanno condotto il mondo sull’orlo del disastro.
Cancellare i debiti delle grandi banche non fa problema mentre un compromesso sul debito di alcuni Paesi (non totalmente innocenti) tarda ancora a diventare una priorità. Cosicché si continua a giustificare quelle politiche predatorie che stanno pauperizzando l'esistenza della maggioranza dei popoli occidentali, si innesta in quella totalizzante teoria esistenziale che eleva lo sfruttamento a paradigma della crescita: a) delocalizzare per avere manodopera a costi stracciati, oppure b) impoverire la manodopera indigena per ridurre i costi del lavoro.
Tuttavia vi sono segnali ci indicano che il modello ha perso il suo fascino iniziale e non funziona come ci si attendeva anche perché le micidiali ineguaglianze non sono più facilmente camuffabili dietro fumosi discorsi para ottimistici. C’è una guerra di rappresentazione, tuttavia, alla quale la cosiddetta sinistra liberale (non è un ossimoro!) non vuole rinunciare. Anche se oggi i progressisti scoprono che vi sono fabbriche lager nel sud est asiatico generatrici di disoccupazione in Occidente. S’accorgono pure dell’aumento di conflittualità sociale innescata da un meccanismo perverso cioè quello di costringere la manodopera (anche clandestina) a dover produrre a un costo inferiore ad ogni logica sindacale; direi umana: la lotta all’immigrazione clandestina rimane pur sempre (caro Ay) una retorica astratta.
In realtà tutta la sinistra è consapevole che codesta manodopera venga totalmente “usata” anche per innescare la competitività dell’intero comparto produttivo così che le imprese possano ulteriormente aumentare i profitti, operazioni definite come un… adattamento ai “necessari” processi congiunturali. E la dottrina della sinistra (neoliberale)… annuisce.