Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo, che non impegna la linea della Redazione.
Perché non chiedono la naturalizzazione ordinaria, allora? Una domanda che io stesso mi sono posto e che ho avuto modo di porre ad alcuni di loro. C’è innanzitutto un fattore psicologico. Parliamo di persone cresciute svizzere ma “straniere” sulla carta, chiamate a dimostrare di esser davvero svizzere. Subentrano due effetti: un senso di ripicca verso uno Stato che chiede ai propri figli di dimostrare l’ovvietà di essere integrati, dopo una vita trascorsa a Köniz o a Bümpliz; un senso di inadeguatezza, se ci si paragona allo stereotipo di Svizzero in camicia Edelweiss. In secondo luogo c’è il fattore burocratico. I giovani, lavoratori a basso salario o studenti a salario zero e dalle tante priorità, di soldi in tasca non sempre ne hanno. Ed ecco che, di fronte a una spesa che può essere anche di migliaia di franchi, l’atto di naturalizzazione viene procrastinato. A tal proposito sarebbe interessante chiedere ai nostri diciottenni per cosa spenderebbero i propri risparmi, per una patente di guida o – essenzialmente – per poter votare? La naturalizzazione agevolata, rovesciando l’onere della prova, uniformando il panorama burocratico e abbassando i costi, potrebbe finalmente spingere parte di questi “stranieri” a naturalizzarsi.
Il 12 febbraio non si voterà niente di rivoluzionario: non verremo invasi da giovani musulmane in burqa e non distribuiremo passaporti come punti del supermercato. Ma potremo migliorare le condizioni di naturalizzazione per tanti giovani, stranieri solo sulla carta, e questo è certamente un buon motivo per votare Sì.
Andrea Ghisletta, consigliere comunale a Mendrisio
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