“Frutto di un lento logoramento”, dicono in molti. Non è un trauma improvviso, infatti.
Un declino in corso da tempo, dunque. Matteo Renzi avrebbe dovuto arrestarlo ma gli interessi di egemonia personale hanno prevalso, e quindi si sta giungendo alla conclusione inevitabile.
Massimo Cacciari sostiene che una convivenza forzata tra elementi troppo diversi all’interno del partito stesso, sia stata la causa principale di questa scissione.
Fassino, tra i fondatori del PD, alla scissione non si rassegna, e attribuisce tutta la responsabilità a Renzi, intimandogli di fermarsi. Come se fosse possibile.
Bersani soccombe all’indifferenza, papabile addirittura nel suo paese natale, Bettola (Piacenza).
Romano Prodi, anch’egli tra i fondatori, definisce la scissione “un suicidio” e afferma che non si rassegnerà.
Massimo D’Alema, infine, sostiene che il pd abbia perso il suo popolo e che al partito serva una svolta radicale.
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La realtà che emerge, tuttavia, è che la gente italica sia realmente stanca di vecchi partiti, e cerchi speranza nella novità. (anche quest’ultima, tuttavia, da ponderar con pinze.)
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