Ticino: la “sinistra” s’è desta? (titolo originale)
Poi c’è la questione rognosa dei rapporti con l’Unione Europea (che agli svizzeri piace davvero poco) e che invece parecchi deputati dell’area rossoverde, in quel di Berna, caldeggiano. Come la mettiamo?
Calma e gesso cari “compagni”, in Inghilterra il leader dei laburisti Jeremy Corbyn, quello che di recente è arrivato a paragonare Israele alla Germania nazista (?) e citato spesso di recente anche da Franco Cavalli, solo pochi mesi fa sembrava votato al trionfo e invece, alle ultime elezioni europee, ha preso una sonora batosta arrivando a malapena al 14%, risultato questo che decreterà molto probabilmente la fine della sua carriera politica. Ed ecco che allora di Corbyn non si parla più perché non è più trendy … La storia si ripete pateticamente da decenni: Lula, Tsipras, Macron, Corbyn, ecc. Tutti refrain della sinistra ticinese, alla quale faceva comodo avere un “richiamo” politico ma che poi, regolarmente, ha deluso alla grande per non dire altro. L’ex presidente del Brasile Lula è finito addirittura in galera. No comment.
In Ticino, dove c’è molta euforia rossoverde (?) secondo un trend veicolato anche dai media, sembrerebbe che alcuni soloni della sinistra sciccosa nostrana non abbiano ancora capito (loro di problemi economici non ne hanno di certo) che più dell’ambiente, preoccupazione legittima, preoccupano alla grande i conti della spesa di molte famiglie ticinesi e svizzere, già alla terza settimana del mese! Va bene scendere in piazza per la tutela dell’ambiente e i diritti delle donne (diritti e doveri sono di tutti!) ma per un salario dignitoso no? E non parlo di 6/7/8 mila franchi al mese netti (…), parlo di molto meno e avrei parecchi esempi da citare. Quindi non raccontatemi storielle. E con l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni come la mettiamo? Fino ad oggi soltanto la Lega dei Ticinesi (decalogo elettorale recente) ha detto chiaramente di no. Dall’area rossoverde nessuna chiara posizione unitaria, solo fumo …
Se non si percepiscono quali siano le vere priorità dei ceti medio/bassi di questo malridotto Cantone e di questa nazione non si va molto lontani “compagni”, neppure con la Greta*** di turno che, di certo, non ha fatto fare salti di gioia alla Marina …
Donatello Poggi
Coordinatore movimento l’Onda
***allusione non a Greta Thunberg bensì a Greta Gysin, la cui candidatura agli Stati, che il PS è stato costretto ad accettare, ha provocato un vistoso mal di pancia ai socialisti. Un grosso successo per Gysin, che non ha molti titoli ma molta ambizione e il vantaggio di una personalità attraente. (ndR)
NOTA sulla corsa al Nazionale, tesissima. Possibili esiti:
A) 4 – 3 – 1 lo status quo
B) 4 – 2 – 2 operazione “salvate il compagno (democristiano) Ryan”
C) 3 – 3 – 2 operazione fallita
Articolo pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’autore e della testata
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To late Donatello, too late!
Anche i paracarri della Schöllenen sanno che dal momento in cui la sinistra ha abbracciato la cosiddetta “terza via”, sa di perdere il contatto con la sua base, diciamo, operaia. Il progressismo post-democratico anziché tentare di porre rimedio al mercantilismo contemporaneo è diventato esso stesso ideologia… mercantile richiamandosi agli stessi imperativi gestionali che sono tipici del neoliberismo, cioè: flessibilità!, apertura!, nomadismo.
Condannata all’obbligo di dover trovare gli argomenti che la possa distinguere dalla destra neoliberale, la sinistra attua la sua metamorfosi, con una ricetta scontata: la volontà/necessità di ostentare (con malcelato moralismo) un sostegno generico alla causa dei diritti umani, a dispiegare proclami in difesa di un individualismo di genere, di pelle, di credo, di orientamento sessuale. Cause senz’altro importanti, per… carità – tuttavia anche molto necessarie per poter restare ben lontano da quel ceto operaio classico, ritenuto ormai… “white trash”. In fondo i progressisti hanno sempre detestato il popolo degli “incolti”. Li hanno sempre identificati con termini avvilenti: cafoni, bifolchi, burini, su su fino ai recenti “sans dents”, oppure l’hillaryano neologismo dei “basket of deplorables”: quel popolo col body, con le canotte stretch, con le running-shoes, coi tricipiti lucenti, i quadricipiti scattanti, col tatuaggio più o meno soft.
Invece ecco che l’intellettuale “organico-progressista” fugge in una sorta di dimensione aurea, quasi come infastidito dalla spregevole condizione della gente comune rimasta ("incomprensibilmente"!) povera, frustrata, becera e incolta; il «progressista-organico» subisce una mutazione autoreferenziale che lo vede sempre più aggrappato alle "buone maniere", all'uso corretto del congiuntivo, alla citazione letteraria, alla passione per i “classici” e per il cinema d'autore... piuttosto che messaggero della più difficile dimensione sindacale.
E così che le uniche frontiere invalicabili tollerate (anche per i progressisti socialdemocratici) sono i muri di ricchezza (e di… ceto) che tengono ben separate le realtà ovattate delle esotiche enclaves résidentielles, (il microcosmo degli Hamptons) dei country club, dei quartieri “escludenti” (le fortezze della ricchezza privante, appunto ben separate, dai molteplici ghetti di… insolente povertà, perfino mono-culturali, proprio all’opposto della proclamata tuttavia astratta multiculturalità ormai solo presunta. Contesti presenti in ogni grande città occidentale, creati da una brutale (tollerata pure dalla “nuova” sinistra) sedimentazione territoriale determinata da un’inarrestabile gentrificazione. Recinti (i primi) strettamente sorvegliati. Zone off limits. Esclusive. Blindate. Impenetrabili. Alla faccia del… “siamo tutti sulla stessa barca”