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George Orwell insegna – Pensiero del giorno

di Cristina Pronzini, Lumino

Licenza Creative commons https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/

La pandemìa del CoronaVirus si sta rivelando un escamotage per l’accelerazione del digitale che ci porta dritti alla libertà vigilata, controllata e schedata. E sembra proprio che la gente si stia allegramente assoggettando spensieratamente e felice di delegare ad altri la responsabilità di tutte le decisioni anche le più importanti (sondaggi docet).

Le ultime trovate, s’intende tutte per il nostro bene più prezioso, mi hanno fatto rabbrividire. Un coacervo di buone intenzioni finalizzate a limitare sempre più la nostra libertà. Talune veramente fuori di testa (Von der Leyen).

Dall’impedimento ai vecchi di fare la spesa obbligandoli agli arresti domiciliari, all’esortazione di usare la carta di credito, ed ora un’applicazione per controllare e monitorare gli spostamenti e gli incontri.

Il Grande Fratello è sulla buona strada e ci arriverà, ma è già in parte presente, dentro casa per organizzarci il bioritmo quotidiano, il terreno è fertile, le premesse ci sono tutte. Con un clic deleghiamo ai nuovi tiranni la nostra esistenza e la parola “Privacy” è ormai fuori vocabolario e un retaggio del passato.

Mi consola leggere, fra altri, gli editoriali di Fabio Pontiggia, e le prese di posizioni di Giorgio Ghiringhelli sull’argomento, che ci rendono attenti sulla deriva in atto, piccole grandi sentinelle di una democrazia allo sbando.

Pubblicato da Giorgio Ghiringhelli sul suo sito “il Guastafeste”

Relatore

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  • Interessante articolo, sintomo e segnale di come una particolare e specifica idea di “controllo” assuma il concetto stesso di assenza di libertà. Ora l’idea di essere tracciato non mi entusiasma, ma accusare codesto specifico meccanismo di sprofondarci in orwelliani scenari mi sembra un poco già troppo …tardi. Una parte che vuole assumere il significato del tutto. Il famoso dito. Siamo orwellianizzati già da tempo, perbacco. E la lista è ormai lunga.

    Per quanto riguarda invece il buon vecchio Orwell bisognerebbe ricordarsi di lui anche quando ci narra l’importanza della famosa “common decency”. Quando parlava di una società “libera sì, ma egualitaria e decente” (la decenza comune), opponendosi alle derive e agli eccessi del nascente economicismo.

    Riteneva che l’individualismo competitivo reclamato dal sistema economico mercantile escludesse ogni forma di etica comune, (“common” significa al tempo stesso “comune” e “condiviso”): base di un contesto democratico. Viceversa ci si apriva sempre più a un sistema economico competitivo e selettivo (discriminante direbbe il "Guastafeste"), sostanzialmente basato sulle teorie neoliberiste del “Gene egoista” di Dawkins dove (citazione): “gli esseri umani sono macchine da sopravvivenza, robot semoventi programmati ciecamente per conservare quelle molecole egoiste note col nome di geni.

    Paradossalmente sono dunque le società dai principi economici “libertari” a poi ritrovarsi con uno scarso livello di “decenza comune” (senso della misura e dei limiti basati su un codice etico comune) proposto nella common decency orwelliana. Mai pensato, per esempio, che oggi l’homo juridicus dipenda sempre più dall’homo economicus? Non è forse una perdita di libertà? C’è perfino chi ritiene legittima questa “liberale” condizione del «Diritto». Probabilmente si tratta invece della perdita di una giustizia… decente. Sarebbe una faccenda da …monitorare ;-)

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