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Par condicio – I commenti ufficiali di UDC e PLRT sulla “limitazione”

Diamo la parola ai due principali contendenti, UDC e PLR (testo del PLRT).

L’UDC si batte contro qualsiasi ulteriore vincolo all’UE

UDC Svizzera prende atto con rammarico del NO all’iniziativa per la limitazione. Apparentemente ha vinto la clausola ghigliottina e la popolazione – in piena crisi del coronavirus – vuole mantenere l’attuale situazione.

UDC Svizzera si rammarica del rigetto dell’iniziativa per la limitazione. È un’opportunità mancata per le Svizzere e gli Svizzeri di finalmente di nuovo poter gestire l’immigrazione autonomamente e, di conseguenza, secondo le necessità del nostro paese. Come indica la quota del 38,3% dei voti, l’insoddisfazione delle Svizzere e degli Svizzeri per l’immigrazione di massa è grande. L’UDC si aspetta che il Consiglio federale e gli altri partiti prendano sul serio queste preoccupazioni.

Eppure, nel 2014, con l’accettazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, le cittadine e i cittadini si erano espressi a favore di una gestione autonoma dell’immigrazione. Ma apparentemente, la minaccia della clausola ghigliottina e la crisi economica causata dalla pandemia di coronavirus hanno creato una grande insicurezza in molta gente, la quale preferisce attenersi alla situazione attuale, accettando le conseguenze negative dell’immigrazione esagerata. Dei gravi danni che l’immigrazione di massa causa al nostro paese – come la crescente pressione sui salari, l’aumento della disoccupazione, l’erosione delle nostre istituzioni sociali e il collasso che si sta delineando delle nostre infrastrutture, la responsabilità è da attribuire agli altri partiti, alle associazioni economiche e ai sindacati.

A tutta forza contro l’accordo-quadro istituzionale con l’UE
Il Consiglio federale e gli euroturbo degli altri partiti interpreteranno il risultato di questa votazione come un SÌ all’accordo-quadro istituzionale con l’UE e pretenderanno di firmare questo trattato di sottomissione il più rapidamente possibile. L’accordo-quadro distruggerebbe il nostro paese, perché contrasta con tutto ciò che fa della Svizzera quello che è: la sperimentata democrazia diretta, il federalismo, l’indipendenza e la neutralità. Perché l’accordo implica la sottomissione della Svizzera alle istituzioni UE – inclusa la ripresa dinamica (ossia automatica) del diritto UE – e l’assoggettamento della Svizzera alla Corte di giustizia dell’UE. UDC Svizzera combatterà con determinazione questa strisciante adesione all’UE, come pure qualsiasi ulteriore vincolo all’UE e s’impegnerà anche in futuro per una Svizzera libera, sicura e, soprattutto, autonoma e in regime di democrazia diretta.

UDC Svizzera

* * *

Ora diamo la parola ai liberali.

Il PLRT saluta l’esito del voto sull’iniziativa contro gli Accordi bilaterali sul piano nazionale, perché indica chiaramente la strada da seguire negli anni a venire nelle relazioni con il nostro principale partner commerciale, l’Unione europea. Un no all’adesione, così come voluta dalla sinistra, ma un chiaro no all’isolamento sostenuto dalla destra. Il risultato ticinese, con un sì comunque moderato, deve portare il Cantone e la Confederazione a rispondere in modo concreto alla forte pressione sul mercato del lavoro quale cantone di frontiera, in particolare per quanto riguarda la sostituzione di lavoratori indigeni e la pressione sui salari in specifici settori economici. Dobbiamo agire in modo mirato.

 Il sì del Ticino segnala problemi da risolvere

Il voto in controtendenza del Ticino sull’iniziativa UDC, per quanto meno netto del previsto, non è certamente una sorpresa. Come PLRT siamo perfettamente consapevoli delle difficoltà di molti ticinesi e di numerose aziende causa la forte pressione proveniente da sud.  Sono problematiche da risolvere con proposte concrete a Berna e non con “segnali” che non portano ad alcun risultato tangibile. Nello specifico, appare quanto mai necessario e urgente proporre un potenziamento mirato in specifici settori economici delle misure di accompagnamento agli accordi in vigore. Riscontriamo un problema di salari? Combattiamolo con gli stumenti che da sempre la Svizzera conosce: i contratti collettivi di lavoro (CCL). E soprattutto procediamo con la disdetta dell’Accordo sui frontalieri datato 1974 e chiedendo al CF Maurer di indennizzare il Ticino per gli evidenti svantaggi quale Cantone di confine. Il Ticino non può essere lasciato solo. Con la presidenza ticinese dell’UDC nazionale ci aspettiamo passi concreti nelle prossime settimane! Serve maggior determinazione nel superare un accordo sui frontalieri manifestamente obsoleto molto problematico per il Ticino.

Alex Farinelli, consigliere nazionale: “Penso che oggi il Ticino dia un doppio segnale a Berna: da un lato con percentuali chiaramente minori rispetto al passato nel sostegno a questa iniziativa si segnala un Ticino che ha a cuore le sorti della Svizzera e sostiene gli attuali accordi con l’Ue: dall’altro comunque emerge il segnale alla Confederazione della necessità di trovare soluzioni adatte per il Ticino, che vive certamente una situazione più problematica e particolare”.

PLRT

 

Relatore

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  • Abbiamo notato che questo commento giunto oggi alle 13:42 a firma sudellealpi non appare. Non sappiamo per quale motivo. Per il momento provvediamo noi.

    SUDELLEALPI
    «Domenica democratica ed europea nel Paese dei referendum» Mi sembra abbia detto suppergiù un commissario EU. Da cui cui deduco che l’Unione non sia un’accanita sponsor di qualsivoglia referendum. Un rituale elettorale ritenuto magari anche “folcloristico” probabilmente perché assai scomodo da implementare in un contesto strettamente europeo. Tollerato, per ora. Nel futuro si vedrà.

    In fondo (anche, perfino) il voto sul credito “supersonico” rivela quanto il nostro Paese non sia allergico alla chiamata alle urne. La prendo molto alla larga. Scusatemi.

    È fors’anche vero che non si dovrebbe interpellare l’elettorato per decidere come e quali debbano essere i mezzi di intervento dei sanitari e dei pompieri, come è stato per altro detto anche qui, in terra elvetica. Tuttavia sono dell’avviso che l’ordine di grandezza e, soprattutto, il significato simbolico della difesa nazionale siano da situare in un’altra …dimensione. Quindi il voto ci starebbe anche in altre latitudini democratiche continentali. Ciò che non avviene e che conferma il “sonderfall elvetico”.

    Secondo fatto: nella famosa “paletta” aerea non si trova, (perlomeno di facciata) nemmeno un aereo “orientale”. Insomma: lo si poteva fare almeno in nome di una (rivendicata) “neutralità sovrana” seppur a “geometria variabile”. È qui, verosimilmente, si rivela il pesante nostro condizionamento geo-politico che esclude (volutamente o dovutamente) accordi che non siano nella cornice …dell’accordo quadro. Appare perlomeno discutibile che il gruppo di “esperti” abbia (viceversa) inserito nel pre-triage, il (già) discusso “effe-trentacinque”, che (già) molti sapevano essere un mezzo (già) …nato “intrigante”, portatore di limiti, in altri contesti, (già) ben soppesati. Mah.

    Metterei (tra parentesi) invece e tuttavia l’occasione mancata (a suo tempo) di una collaborazione che avrebbe potuto produrre tra due Paesi europei (uno nell’Unione e l’altro …indipendente e …sovrano) una joint-venture “a misura europea” sviluppando (insieme e …bilateralmente) parti di un progetto assai stimolante per le industrie delle due nazioni: mi riferisco all’abbattuto “grifone”. Ma come sappiamo siamo abituati ai fallimenti …aerei. Swissair insegna.

    Poi ci sarebbero gli aspetti di politica interna totalmente negletti: la metà dei votanti (metà del Paese?) rimane probabilmente contraria all’acquisto, fors’anche all’esercito. I giovani delle città (secondo gli analisti) con il loro “critico” senso di appartenenza a una comunità in “formato” nazionale, spesso seconda/terza patria e con la loro predisposizione a un’accelerazione europeizzante del territorio elvetico in formato “dieci milioni di …anime”. E via discorrendo. Insomma: i tempi ci sfuggono e qualcuno sembra non volersi accorgere. È proprio il caso di dirlo: “There is no alternative”.

  • «Domenica democratica ed europea nel Paese dei referendum» Mi sembra abbia detto suppergiù un commissario EU. Da cui cui deduco che l’Unione non sia un’accanita sponsor di qualsivoglia referendum. Un rituale elettorale ritenuto magari anche “folcloristico” probabilmente perché assai scomodo da implementare in un contesto strettamente europeo. Tollerato, per ora. Nel futuro si vedrà.

    In fondo (anche, perfino) il voto sul credito “supersonico” rivela quanto il nostro Paese non sia allergico alla chiamata alle urne. La prendo molto alla larga. Scusatemi.

    È fors’anche vero che non si dovrebbe interpellare l’elettorato per decidere come e quali debbano essere i mezzi di intervento dei sanitari e dei pompieri, come è stato per altro detto anche qui, in terra elvetica. Tuttavia sono dell’avviso che l’ordine di grandezza e, soprattutto, il significato simbolico della difesa nazionale siano da situare in un’altra …dimensione. Quindi il voto ci starebbe anche in altre latitudini democratiche continentali. Ciò che non avviene e che conferma il “sonderfall elvetico”.

    Secondo fatto: nella famosa “paletta” aerea non si trova, (perlomeno di facciata) nemmeno un aereo “orientale”. Insomma: lo si poteva fare almeno in nome di una (rivendicata) “neutralità sovrana” seppur a “geometria variabile”. È qui, verosimilmente, si rivela il pesante nostro condizionamento geo-politico che esclude (volutamente o dovutamente) accordi che non siano nella cornice …dell’accordo quadro. Appare perlomeno discutibile che il gruppo di “esperti” abbia (viceversa) inserito nel pre-triage, il (già) discusso “effe-trentacinque”, che (già) molti sapevano essere un mezzo (già) …nato “intrigante”, portatore di limiti, in altri contesti, (già) ben soppesati. Mah.

    Metterei (tra parentesi) invece e tuttavia l’occasione mancata (a suo tempo) di una collaborazione che avrebbe potuto produrre tra due Paesi europei (uno nell’Unione e l’altro …indipendente e …sovrano) una joint-venture “a misura europea” sviluppando (insieme e …bilateralmente) parti di un progetto assai stimolante per le industrie delle due nazioni: mi riferisco all’abbattuto “grifone”. Ma come sappiamo siamo abituati ai fallimenti …aerei. Swissair insegna.

    Poi ci sarebbero gli aspetti di politica interna totalmente negletti: la metà dei votanti (metà del Paese?) rimane probabilmente contraria all’acquisto, fors’anche all’esercito. I giovani delle città (secondo gli analisti) con il loro “critico” senso di appartenenza a una comunità in “formato” nazionale, spesso seconda/terza patria e con la loro predisposizione a un’accelerazione europeizzante del territorio elvetico in formato “dieci milioni di …anime”. E via discorrendo. Insomma: i tempi ci sfuggono e qualcuno sembra non volersi accorgere. È proprio il caso di dirlo: “There is no alternative”.

    • Come sempre, varie concause contribuiscono ad un fallimento. Sull'ultimo paragrafo in particolare, andrebbe riflettuto. Se l'esercito di cittadini-soldati del Ridotto Nazionale e della Guerra Fredda non fa più presa, però, non è solo colpa dei giovani senza Patria (e senza Dio?). Tra l'altro il Ticino è sempre stato critico, eppure sulle questioni identitarie è piuttosto conservatore.

      • Grazie a Jack per il recupero del testo diventato spam per qualche accidente tecnico. Succede. Fa parte del gioco.

        Grazie anche Teus per la cortese risposta. Perfettamente d’accordo: nei fallimenti spesso le responsabilità sono da ripartire in parti (quasi) uguali. Tuttavia ho l’impressione che si navighi a vista. Almeno è la convinzione che molti “non addetti” (come il sottoscritto) hanno del procedere “ufficiale”. Probabilmente i “decisori” hanno un piano ...“segreto”. Che si rivelerà quando sarà ...evidente ;-)

  • Nel caos di questa domenica trionfale per la sinistra svizzera (4 vittorie e una sconfitta è simbolicamente una vittoria) si è forse un po' dimenticato di analizzare la votazione sulla caccia, al di là delle scarne considerazioni sul peraltro prevedibilissimo fossato alpi-pianure.
    Si trattava in effetti di una revisione intelligente, federalista, moderna e tutto sommato moderata di una legge di 35 anni fa. Soprattutto, era una modifica che tutelava il duro lavoro degli allevatori a beneficio di tutta l'economia alpestre e delle regioni periferiche di questo Paese, proprio quelle che tanti "bobo" di Zurigo o Losanna, abituati a vacanze esotiche, hanno scoperto per la prima volta durante la scorsa estate.
    Ebbene, che i Verdi e qualche associazione animalista si opponessero era logico. In fondo è il loro lavoro. La posizione intransigente e puramente ideologica del PS, invece, era meno scontata. Come alcuni analisti hanno dimostrato, la campagna della sinistra è talmente dispendiosa (quel mirino "assassino" su ogni muro, giornale, social media o volantino) da sembrare sproporzionata persino alla Wochenzeitung (non proprio il giornale dei cacciatori), che in un editoriale domenica sera si è mostrata piuttosto critica.
    Viene da chiedersi, in fondo: a parte l'accelerazione dell'urbanizzazione del suo elettorato e la sparizione nelle regioni alpine, cosa ci ha guadagnato il PS? Forse il voto dei lupi, in esponenziale aumento nel territorio svizzero?

  • Sudellealpi:

    « "Domenica democratica ed europea nel Paese dei referendum" Mi sembra abbia detto suppergiù un commissario EU. Da cui cui deduco che l’Unione non sia un’accanita sponsor di qualsivoglia referendum. »

    Astrid Lulling, europarlamentare lussemburghese, disse che "Per fortuna non facciamo referendum". Ce ne sono altre che non cito per necessità di sintesi, ma la tua deduzione è più che corretta. :)

    « Metterei (tra parentesi) invece e tuttavia l’occasione mancata (a suo tempo) di una collaborazione che avrebbe potuto produrre tra due Paesi europei (uno nell’Unione e l’altro …indipendente e …sovrano) una joint-venture “a misura europea” sviluppando (insieme e …bilateralmente) parti di un progetto assai stimolante per le industrie delle due nazioni: mi riferisco all’abbattuto “grifone”. Ma come sappiamo siamo abituati ai fallimenti …aerei. Swissair insegna. »

    Sono d'accordo. Una Joint Venture che oltre al Grifone in quanto tale avrebbe anche potuto preludere (anche se io stesso l'avrei vista dura) allo sviluppo congiunto di un successore, e alla ripresa di quell'industria aerospaziale svizzera che fu tra le prime al mondo a realizzare aerei a reazione, missili a guida radar e tanto altro... e fu distrutta da una politica incapace di valorizzarla (o che non lo voleva fare). Come non lo è di certo l'attuale, che sta pure smantellando ciò che ne resta.

    Riguardo agli aerei "orientali", alcuni dei quali per anni in servizio nell'aviazione tedesca... li avrei visti volentieri anch'io, almeno tra i candidati.

    Riguardo al senso di appartenenza, la sua perdita è un lavoro di lungo periodo; è da decenni che tutto quanto è svizzero viene trattato con derisione o disprezzo, anche da parte di quei media pubblici pagati obbligatoriamente dai contribuenti elvetici; in una simile situazione non si poteva certo pretendere che rimanesse intatto.

    • Ringrazio per il cordiale dibattito.

      Come dice il saggio transalpino: “Le futur existe-t-il déjà dans l'avenir”.

      Il progresso costruttivo è un progetto di benessere progressivo, verificabile, condiviso e ben ripartito. Impegno da tempo abbandonato.

      Il progresso corruttivo agisce invece per tentare di smussare i danni che produciamo. Lo si fa con “innovazioni” che sono vendute come «il» progresso. La nostra attuale condizione. There is no alternative.

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