di Guido Sassi, candidato PLR Lugano per il Consiglio Comunale
Nonostante tutti i cambiamenti che ci sono stati sulla scena gastronomica negli ultimi anni, i mercati rimangono i luoghi migliori dove andare a cercare i prodotti tipici – e non solo – del nostro territorio. Mercati che costituiscono una delle risorse più preziose dell’ economia locale, capace di ricucire le città con il terriorio circostante. A Lugano, i continui quanto incomprensibili spostamenti dei mercati di quartiere – spesso accompagnati da significativi ridimensionamenti – hanno contribuito alla crisi di negozi di prossimità nel settore alimentare, consegnando di fatto i consumi alle sole catene della grande distribuzione organizzata. Diversamente da Bellinzona – tanto per citare un esempio qui in Ticino – che ha saputo reintepretare l’idea dei mercati europei, attraverso concept più contemporanei, ben integrati nel tessuto urbano, e con un look che attrae tantissimi locali e stranieri.
In passato Lugano – per clima, bellezza e dimensione a misura di persona – ha saputo ben valorizzare questi asset in chiave di turismo enogastronomico e commercio di prossimità, tanto da guadagnarsi in Svizzera il titolo di meta turistica “esotica”. Tuttavia qualcosa negli ultimi anni è andato perso. Forse per l’euforia (passeggera, aggiungerei) degli stessi operatori del commercio, nel volersi globalizzare a tutti i costi. Forse per una memoria storica andata persa dall’amministrazione locale, in primis. Forse per un approccio troppo compulsivo e poco pensato nel rispondere alla recente recessione da parte dei dicasteri interessati.
A tal proposito, il mio pensiero va a due “casi studio” della Facoltà di Comunicazione, Cultura e Società dell’USI costruiti “con” e “per” il territorio di Lugano. E che ha generato un importante ritorno in termini di strumenti e strategie. Mi riferisco a “Sapori Ticino”, realizzato con il team dell’amico Dany Stauffacher: una storia lunga quattordici anni, ma sempre attuale, che ha dimostrato come il cibo è un collante che unisce economia, turismo e sostenibilità. Ma anche allo studio “Renaissance” – coordinato da un altro caro amico Roberto Manzi, ricercatore USI – che ha messo nero su bianco sull’urgenza di ridisegnare la città e i suoi quartieri, a partire dalle piazze e dalla presenza di negozi di prossimità. E che a breve restituirà una mappa sugli “Urban Consumer Services”, ovvero una fotografia dei servizi più richiesti da chi vive il territorio. Tra questi, appunto, i mercati urbani.
Insomma, è evidente che abbiamo un grande potenziale da recuperare: le piazze di Lugano, per far scoprire il tipico stile di vita della nostra regione. Una rivisitazione concettuale e culturale del mercato, magari può essere il frutto della crisi? Un inaspettato “punto zero” dal quale ripartire, e ripensare il terriorio in continuità con la nostra tradizione? E così ripopolare – con criterio, questa volta – le piazze vuote?
La sfida è affascinante, ambiziosa ma tutt’altro che impossibile: tornare a fare il mercato in piazza, ma in un’ottica di prossimità e sostenibilità. Dove i veri protagonisti sono i coltivatori diretti, gli allevatori, gli artigiani locali, i venditori ambulanti. E dove le pubbliche istituzioni – Città di Lugano e Ente Turismo – siano i facilitatori e i promotori. E non gli attori. Ponendosi, con un passo indietro, in ascolto e al servizio della comunità. Così come accade nelle più autentiche democrazie liberali.
Guido Sassi candidato PLR Lugano per il Consiglio Comunale
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