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Il caso CSOA. Si può trovare la quadratura del cerchio?

di Maurizio Taiana

Pubblichiamo questo articolo, molto concettuale, come contributo al dibattito sullo sgombero/demolizione del macello.

A otto giorni di distanza del “traumatico evento” la situazione (a nostro giudizio) è la seguente. Il Municipio, che ha un’opposizione interna, ha assunto una posizione difensiva. Il Sindaco ribadisce per l’ennesima volta che la demolizione non era stata programmata. Noi gli crediamo, senza problema; altri faranno di tutto per dimostrare che non è vero.

La maggioranza silenziosa se la prende con comodo e in ogni caso non si organizza.

La soluzione “semplice” aveva (ovviamente) un prezzo. Non saremo noi a negarlo.

La parola a Maurizio Taiana, che non è (per sua fortuna) un vecchio reazionario, ma un giovanotto che ama informarsi e scrivere.

*****

In uno stato di diritto, i paletti per l’autogestione sono decisamente vincolanti.

Per quanto compete l’esperienza appena conclusa dei molinari, questi paletti erano talmente stretti da neanche essere presi in considerazione, arrivando a fare, in quel feudo con tanto di corte e cortigiani,  il bello ed il brutto a dipendenza del sentore dell’assemblea.

Assemblea «protetta» dal consiglio di quelle sorte di guide spirituali che avevano maggiore «esperienza» rispetto agli altri membri del collettivo.

Per parafrasare : dal momento che in un sistema di stampo anarchico le decisioni vanno prese in collettivo, esse devono essere decise in collettività e guai a parlare di capi o responsabili, ma al massimo usare il sotterfugio della dialettica per nascondere membri influenti sotto il cappello dell’esperienza.

Ed ecco il primo grande ostacolo : come più volte rimarcato da vari bambini/adolescenti intervistati dai vari media, nessuno parla a nome del collettivo/centro sociale ma sono solo opinioni personali, sebbene qualche membro di vecchia data possa essere visto come un responsabile del centro sociale.

 Vorrei porre l’accento su questo dettaglio in quanto sembra scontato ma in realtà non lo è : la figura del portavoce/responsabile/ambasciatore di un collettivo non è concepita dalla forma del tipo di società che l’autogestione promuove ; in pratica è come cercare un Marabù  dentro all’Ospedale Civico.

Pertanto, che siano i media o la politica, chiunque vada a cercare o richiedere questa carica non ha in chiaro la meccanica di quel sistema, e semplicemente perderà tempo.

Ma non è finita : l’assemblea non è un consiglio d’amministrazione. Anche andando a presentarsi di persona non si otterranno grandi progressi per temi che non siano inerenti alla legalizzazione delle droghe leggere o dell’attacco al capitalismo. Dal momento che non esiste una gerarchia, i membri presenti rappresentano una parte, e non sono tenuti ad esprimersi o presentarsi univocamente sui temi, allungando ancora le tempistiche.

Questa premessa è necessaria per comprendere il tipo di autogestione promosso dal ex Molino.

Per fare un altro esempio attualmente in funzione di autogestione, che non prevede collettivi, sono gli assembramenti di Piazza Castello a Locarno : privati cittadini decidono di incontrarsi in un posto e svolgere delle attività in comune, in questo caso socializzare.

Il Morel è stata una forma di Autogestione, dove individui, vivendo assieme ha proposto una linea artistica/filosofica/culturale all’interno dei propri spazi. In questo caso senza un profilazione netta in politica.

Per quanto compete Lugano, è stato scelto di mettere fine ad un’esperienza sì illegale, grottesca, iniqua, bellicosa composta da fanatici miopi etc , ma dopo vent’anni d’esistenza  proprio in un periodo che non offre niente alla fascia di popolazione interessata.

Gli scorsi due anni per chi è under 30 sono stati letteralmente una dittatura degli over 60 dove questi ultimi, in nome di una sicurezza supposta, hanno arbitrariamente calpestato le necessità dei primi.

Proprio poche settimane fa, la città ha eliminato gli ultimi eventi che davano spazio alle necessità delle fasce più giovani. E poi lo sgombero dell’ultimo posto che offriva un’alternativa sempre a quest’ultimi.

Ecco spiegato perché migliaia di persone sono scese a manifestare : non per l’anarchia, o per supportare le «zecche» che scroccavano al comune di Lugano, ma per avere uno svago, la possibilità di evadere e ritagliarsi un piccolo angolo di mondo senza doversi sentire in colpa o sorbirsi il peso del mondo omologato. Non mi sento a disagio nell’asserire che a pochi in realtà importasse delle sorti del «Molino» o dei «molinari», quanto più è stata sentita la necessità di manifestare per avere una società più bilanciata nei bisogni demografici, che permettano l’aggregazione e lo scambio, anche solo farsi un concerto tutta la notte senza sentirsi in colpa col portafogli.

Ed ecco alcuni possibili scenari che vanno a presentarsi :

1) Quello delle ruspe è stato l’inizio di una nuova politica culturale, non ci sarà più nulla se non quel cumulo di sassi, tempo tre mesi e nessuno si scomoderà più su quel muro del pianto, andando a consolarsi nei vari bar/pub, cinema teatri come il resto della popolazione.

2) La politica, sia essa a livello Comunale o Cantonale, comprende come «funziona» il collettivismo di stampo anarchico, gli da uno stabile e guarda dall’altra parte, lasciandogli inseguire l’utopia. Ovvero capisce di non poter capire o ragionare con il solito metro e comprende l’inutilità di voler cercare un mediatore, lasciando spazio a queste sperimentazioni come avvenuto negli ultimi 20 anni.

3) La politica fa un concorso dove chiede ai vari gruppi che promuovono l’autogestione,  per non dire delle associazioni interpartitiche (tutti i gruppi giovanili dei vari partiti, gruppi d’interesse ticinesi) di candidarsi e prendere in gestione per un periodo di tot anni uno stabile.

4) I Comuni rendano vincolante la Legge Giovani ( un bellissimo testo pieno di «Se» e «Potrebbe» che non porta da nessuna parte), dedichino deleghe su vincoli assurdi relativi a rumore, mescita di alcolici, orari  e permettano così a chi voglia esprimersi con musica, rassegne di avere il loro piccolo angolo di mondo dove non essere disturbati. Lasciar disporre di spazi non per forza implica una costruzione, ma può anche essere una via, una piazza, un incrocio di una zona pedonale od un parco ; ancora si promuova l’uso di stabili privati prossimi alla demolizione o riqualifica per creare e promuovere esperienze culturali.

Interessante l’opinione di un ex politico di Lugano, dell’ala destra, secondo cui attualmente la politica dovrebbe concentrarsi sulle necessità impellenti (occupazione, pressione delle prestazioni sociali etc) piuttosto che creare macerie per aizzare dibattiti politici e poco altro.

Relatore

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