Ospiti

I mille di Bellinzona

Quello che abbiamo visto e sentito nella capitale alla “manif” per la libertà

di Maurizio P. Taiana

Da 400 a 1500 in poche settimane : la seconda protesta ha triplicato il numero di partecipanti riuniti a Bellinzona per denunciare le norme repressive.

Il calcolino politico ci sta tutto : 1’500 su 300’000 abitanti vuol dire lo 0.5 % della popolazione, più che sufficiente a creare qualche grattacapo politico nell’era delle votazioni risicate. Ma quello che impressiona il sottoscritto non è il fantacalcio politico ( sappiamo tutti che quei 1500 sono probabilmente un decimo di chi sarebbe disposto a percorrere le orme sui sampietrini del borgo con lo spirito settembrino di Bertoni), ma bensì la demografia e la fede politica dei manifestanti.

Over 40, con impiego fisso. Verdi, liberali, leghisti, UDC.  Intravvediamo pure qualche comunista.  Dal uomo in giacca e cravatta, al motociclista con il giubbotto e le toppe ricamate della sua marca preferita (in questo caso una Indian).  Ecco il volto di chi ha raccolto l’appello degli «amici della costituzione» – così si fanno chiamare i promotori di queste proteste.

Uno col megafono, striscioni verniciati male, cartelli con scritte varie. Slogan ripresi da altre campagne ma comunque complimenti per l’impegno.

Un cartello con la faccia di Berset pastrugnata con corna e tridente sarebbe un ottimo poster punk.

Vediamo un volto amico, imprenditore over 50 amante delle belle auto fatte a Stoccarda  dirci «mai avrei creduto di protestare a fianco degli ecologisti  per le libertà individuali.»

Commenti, volti, gruppetti. Qualcuno sorseggia una birra davanti alla sede della posta, prima che il corteo incominci a sfilare verso la prima tappa: Piazza Nosetto.

Stranamente, e ci sorprende, quelli con le tacole – ovvero l’orbita che milita intorno alla sinistra extraparlamentare –  non si scorgono all’orizzonte. Niente mobilitazione dei centri sociali o studenti che prendono la scusa per far festa per strada  – la gente che ha marciato su Bellinzona son persone che dopo lavoro hanno deciso di mobilitarsi per qualcosa in cui credono invece che tornare a casa. Certamente uno spettacolo che non si vede tutti i giorni.

Durante la marcia, con viale Stazione pieno quasi fosse giorno di mercato vediamo gli esercenti uscire ed applaudire la folla in corteo : una delle categorie più toccate dalle norme restrittive. Vediamo pure qualche giornalista intento a filmare e fotografare.

Brava la polizia : discreta, ad osservare ma comunque in disparte. Certamente non i picchiatori antisommossa che si vedono oltre frontiera od allo stadio. Agenti tranquilli, mansueti come vacche al pascolo, intenti a monitorare la situazione.

Quindi riassumendo : quanto visto è un movimento trasversale che tocca quasi tutte le frange politiche, tutti gli strati sociali. Chi presenzia lo fa a scapito della sua vita personale e ciliegina sulla torta, gli esercenti, i promotori d’aggregazione locale sembrano ben disposti verso questa folla di manifestanti. Il turco che fa i kebab, la cameriera che serve il caffè,  vediamo in seguito un gerente correre fuori dal suo locale con indosso il  suo grembiulino ed applaudire.  E se esiste un mantra alla «non ti scordar di me» è che non bisogna far casino nelle birrerie durante gli anni ‘20.

Arriviamo alla Foca dove dal megafono sentiamo citare articoli della costituzione, poi qualche scivolata su scie chimiche e test sugli animali (sentiamo qualche mormorio dal pubblico « no no, resta sul pezzo che andava bene !» ) che stonano  un po’ con il concetto limpido e semplice di «nessun reato senza una pena, nessuna pena senza una legge.» Ma d’altronde è ciò che succede quando un movimento eterogeneo e spontaneo si forma per intervenire su una situazione divenuta non più tollerabile.

Se in un paio di settimane i simpatizzanti camminatori son triplicati, è possibile che l’exploit possa riuscire alla terza : a quel punto, una massa di 3-4000 persone sarebbe veramente un evento eccezionale per la classe politica, che negli ultimi anni ha superato in modo abbastanza disinvolto le più svariate accuse (con e senza risvolti penali). Se questa nuova «carovana della libertà» mieterà vittime a sinistra od a destra non si sa, di certo, tastando il polso di alcuni politici,  sembrerebbe che adesso non sia il momento di schierarsi pro o contro democrazia. Nel calcolo delle probabilistico sarebbe semplicemente la peggior mossa possibile.

Per quanto riguarda le azioni di boicottaggio di massa, questo gruppo di galli cisalpini che resiste ancora e sempre all’oppressore ( non abbiamo visto nessuno conciato come lo sciamano di qAnon ed un po’ invero ci è dispiaciuto) potrebbe avere un impatto sull’economia locale ?

Se per assurdo tale gruppo d’interesse arrivasse a fare una raccolta firme dove s’impegna a non spendere alcun soldo sul territorio al di fuori dei beni di prima necessità (cassa malati, affitto, cibo), disdire abbonamenti a giornali, palestre ed altri servizi fintanto che l’economia ticinese non s’impegni contro le misure coercitive, arrivando ad avere un numero discreto di persone ( 10’000 firme in su), sarebbe potenzialmente una leva economica in grado di creare pressioni non indifferenti. Fantascienza ? Sembrerebbe che alcuni simpatizzanti si stiano già adoperando.

Concluderanno qualcosa ? Sembrerebbe che l’organismo preposto in tal senso della Comunità Economica Europea s’appresti all’omologazione (ottobre 2021) dei tanto agoniati farmaci anticovid, rendendo di fatto la questione dei vaccini superata.

L’attesa quindi, potrebbe essere dal punto di vista fantapolitico la miglior arma per salvare natiche e non metterci la facciaper gli eletti di palazzo Orsoline. Nei confronti degli occupanti  della fontana antistante invece è Baudelaire la stella del mattino – È degno della libertà soltanto chi se la sa conquistare. 

Relatore

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