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Tamponi a pagamento equivalgono a un obbligo vaccinale indiretto – Paolo Pamini cita Kaspar Berger

Noi pubblichiamo raramente articoli sul Covid perché dopo 18 mesi di comunicazione esasperante, per non dire maniacale, non ne possiamo francamente più.

Ogni tanto, però, bisogna. E allora approfittiamo di uno spunto offertoci sui social dall’on. Paolo Pamini, il quale si dichiara “assolutamente contrario” al tampone a pagamento a partire dall’11 ottobre e cita al proposito un parere giuridico di Kaspar Gerber, dottore in legge e ricercatore all’Università di Zurigo.

“Das Mass ist voll!” esclama battagliero Pamini, e potrebbe anche avere ragione.

DR. KASPAR BERGER “Sono assolutamente contrario al pagamento dei tamponi se lo Stato obbliga l’uso nazionale del pass covid. Si aprirebbero seri problemi giuridici: la Legge sulle epidemie permette solo vaccinazioni obbligatorie in caso di situazione particolare e soprattutto unicamente per i gruppi di popolazione a rischio, per le persone particolarmente esposte e per quelle che esercitano determinate attività (art. 6 cpv. 1 e 2 Legge epidemie).

La Legge Covid19 non permette al Consiglio federale interpretazioni allargate delle restrizioni poste dalla Legge sulle epidemie. Tamponi a pagamento (50-75 franchi l’uno?) equivalgono ad un obbligo vaccinale indiretto. Partirebbero giustamente cause legali, perché l’obbligo non sarebbe proporzionale al rischio individuale e sarebbe discriminatorio, per esempio in ragione della capacità economica della persona. Gli studenti giovani e squattrinati obbligati a vaccinarsi per i capricci del governo e l’ipocondria di altri cittadini rendono bene l’idea.

Oltre al danno vi è pure la beffa: secondo gli ultimi studi accademici i vaccinati hanno addirittura la stessa carica virale dei non vaccinati. Pertanto non stupisce se negli ospedali sempre più pazienti chiedono se possibile di essere assistiti da personale non vaccinato, l’unico che – in presenza di certificato covid – con alta probabilità non è contagioso. Il certificato covid ad uso nazionale generalizzato non è in linea con la cultura politica svizzera, e il 28 novembre è l’occasione di correggere il tiro.

Nell’attesa, dati alla mano paradossalmente forse è più saggio frequentare… un non vaccinato prudente. La soluzione passa dalla protezione dei soggetti a rischio, da igiene personale accresciuta, dalla personalizzazione delle cure in base al quadro clinico. I soldi pubblici li si potrebbero spendere nell’aumento di letti di cure intensive piuttosto che in tamponi a tappeto.”

Relatore

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