Sono morti tutti. Il fondatore della Wagner, il numero due, Dimitri Utkin, il rappresentante in Sudan, Alexander Totmin, e altre figure apicali della rivolta anti-putiniana.
Dopo la morte di Prigozhin, gli investigatori hanno trovato le scatole nere e hanno recuperato tutti i corpi dei 10 occupanti del jet precipitato due giorni fa in Russia a bordo del quale secondo le autorità di Mosca c’era il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin.
Ma c’era davvero Prigozhin? Il suo corpo è stato davvero recuperato? I corpi, infatti, erano irriconoscibili, riportano le fonti. L’attentato sarebbe il risultato di una bomba, oltre allo schianto.
Nelle stesse ore dello schianto del suo jet privato, Putin – impegnato in videoconferenza al summit dei Brics in Sudafrica (e in quello stesso Paese opera la rete della Wagner) – ha licenziato il generale Sergei Surovikin, comandante delle forze aerospaziali ritenuto vicino all’ammutinamento dello “chef di Putin”.
Cosa c’è dietro questo licenziamento? Un mistero, forse? Putin ha ricordato il capo della milizia mercenaria come “un uomo d’affari talentuoso che ha commesso gravi errori nella sua vita”, un uomo che “conoscevo sin dagli anni Novanta”, un uomo “che ha lavorato non solo nel nostro Paese, ottenendo risultati, ma anche all’estero, in Africa in particolare”.
Nel frattempo, anche le forze militari ucraine mietono morti. L’attacco ucraino avrebbe colpito la base militare colpito dove si trova la 126ma brigata della Flotta russa del Mar Nero, che ha sede nel villaggio di Perevalne. Oltre a 10 morti ci sarebbero anche decine di feriti e i droni avrebbero colpito anche un deposito di munizioni.
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