Tre ingredienti che formano un “cocktail esplosivo”, che rispecchiano una spaccatura della nostra società odierna: disoccupazione, povertà e solitudine.
Una riflessione la mia, che non vuol offuscare queste festività a nessuno, ma questi tre vocaboli toccano tutti noi, direttamente o indirettamente e fanno riflettere.
Sicuramente la situazione della disoccupazione nel nostro Cantone non aiuta a far superare i drammi personali e famigliari.
E’ fondamentale poter mantenere un tenore di vita, che si possa definire quantomeno dignitoso, per tutti i cittadini del nostro Paese. L’obiettivo dell’iniziativa “Prima i nostri”, divenuta nel contempo legge, è dare una svolta: tornare ad un sistema di limitazione delle assunzioni, simile al periodo prima dell’entrata della libera circolazione, firmata tra la Svizzera e l’Unione Europea.
Un obiettivo, che non viene affatto condiviso da molti partiti per ragioni oramai note.
Sarà basilare coinvolgere le nostre cittadine e cittadini ticinesi, così come i nostri giovani, nell’apprendimento, il perfezionamento e la riqualifica professionale, alfine di poter occupare quelle posizioni specialistiche, che oggi sono ricoperte da personale straniero.
Ritenuti i costi fissi e tutte le spese correnti, così come le condizioni professionali precarie, rapportati al nostro tenore di vita quotidiano piuttosto costoso, portano spesso a scivolare nella povertà.
La povertà è una brutta bestia e va combattuta, non solo dall’economia, ma anche da tutte le compagini politiche, complici anch’esse nel non voler ammettere e vedere che in Ticino, come in Svizzera, esiste ed è in crescita.
Oggi essere povero non significa non avere un luogo dove risiedere e dormire, ma equivale a non arrivare ad accantonare il denaro necessario per far fronte ai costi quotidiani ed a sfamare la propria famiglia, per svariati motivi personali, magari già alla seconda settimana del mese. Tra queste persone annoveriamo i workingpoor, cioè quegli uomini e quelle donne che un lavoro lo hanno, ma la cui retribuzione non permette loro una vita minimamente dignitosa. Un dramma silente, che la nostra società troppo spesso non riconosce e che porta all’emarginazione e alla solitudine.
La solitudine non è generata unicamente da fattori lavorativi o finanziari, ma è una causa altresì di difficoltà dell’individuo, come per le persone che non hanno la possibilità di condividere nulla con nessuno, senza parenti od amici.
Anche con l’introduzione di tecnologie e mezzi di comunicazione sempre più innovativi, la popolazione tende ad isolarsi. Vi è complessità nel distinguere la realtà dalla vita artificiale.
Il classico e vecchio modo di socializzare, come la frequentazione dei ritrovi pubblici o incontrarsi semplicemente in piazza, sembra purtroppo ormai superato.
Come politici abbiamo il compito di riflettere e risolvere queste situazioni, soprattutto per una coscienza individuale e colletttiva.
Mi auguro che in questo nuovo anno, si possano riconoscere queste situazioni drammatiche e trovare delle soluzioni, di cui la nostra società ha urgentemente bisogno per non finire nel baratro sociale.
Auguri e forza e coraggio a tutti.
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