Cultura

Sparta, vincitrice della Persia (300, Termopili) si alleò con la Persia contro Atene

Quando la Persia si riaffacciò all’orizzonte della Grecia e Sparta si affacciò sul mare

La Persia voleva la Ionia d’Asia (perduta con le Guerre Persiane) e Sparta voleva una sua flotta.

Così Sparta si alleò con la Persia, in funzione anti-ateniese. Ma non avevano fatto i conti con una personalità eccentrica quanto ambigua: Alcibiade.   

Siamo nel 413 a C, la Guerra del Peloponneso infuria, nella sua penultima fase di falsa quiete, in attesa d’uno scontro decisivo tra le due potenze della Grecia, Sparta e Atene, un tempo alleate per fronteggiare il nemico comune, la Persia. Lo scontro che potrebbe porre fine alla guerra tuttavia non arriva, e quel nemico comune, si allea ad una delle due potenze.

Volendo riprendersi quella parte dell’Asia Minore persa con le Guerre Persiane, approfittando di un’Atene recentemente sconfitta per la fallimentare spedizione in Sicilia di un anno e mezzo prima, il Gran Re Dario II invia i suoi due satrapi, Tissaferne e Farnabazo, rispettivamente governatori il primo di Lidia, Asia Minore e Media centrale, il secondo di Frigia ed Ellesponto, agli Spartani.

Alcibiade da Sparta a Samo, di nuovo protagonista

In quel momento, a Sparta si trova un ateniese, Alcibiade. Tradito dalla patria che egli stesso per conseguenza ha tradito, accusato (forse ingiustamente, non lo sapremo mai) della mutilazione delle statue del dio Ermes e quindi di empietà proprio quando stava per partire per quella (fallimentare) spedizione in Sicilia, Alcibiade si trova a Sparta in esilio volontario, per vendetta contro la polis che lo ha condannato, pur con insufficienza di prove, in contumacia. Ma l’estroverso eccentrico ed ambiguo bell’ateniese, ormai si trova stretto anche a Sparta: la moglie del re Agide, Timea, ha da poco dato alla luce un bambino, Leotichida, che somiglia incredibilmente al condottiero ateniese: Alcibiade. Per questo, il re lo detesta. 

Alcibiade accoglie così Tissaferne, e cerca di incitare Sparta a sostenere il persiano. Sparta rinuncia così ad allearsi con il Nord della Persia, scegliendo la Lidia e (incurante del sacrificio delle Termopili) stipula col satrapo un accordo: Tissaferne aiuterà economicamente Sparta per vincere la guerra contro Atene, in cambio riceverà tutte le terre che gli erano state tolte dalla vittoria greca delle Guerre Persiane. Un tradimento, contro la propria storia? Forse.

Tre trattati, dal 412, paiono piegare la polis greca all’Asia Minore in cambio di aiuto economico, ma sin da subito Tissaferne inizia a lesinare.

Nel fratte,mpo, ad Atene…

Nel frattempo, un’Atene sconfitta, vede molte città alleate defezionare dalla Lega Delio Attica, come l’isola di Chio, Eretria, Teo, Clezomene, Mileto, Efeso, Focea e due città dell’isola di Lesbo: come se un pezzo della polis democratica se ne stia andando.

Tra tutte, pesa la perdita di Chio, preziosa alla città per la sua flotta e quella di Rodi che, visitata dagli ambasciatori spartani nel 414, passa dalla parte di Sparta.

Sparta, dal canto suo, una flotta se la sta costruendo: tuttavia il nuovo alleato Tissaferne non da gli aiuti promessi.

È nell’inverno del 411 che Alcibiade ritorna sulla scena come protagonista.

Scrive Tucidide (VIII, 47) “Dunque [Alcibiade] riteneva che li avrebbe potuti [gli Ateniesi] convincere grazie soprattutto a questa considerazione: se Tissaferne fosse sembrato in buoni rapporti con lui. Cosa che poi avvenne.”

Ad Atene la democrazia non è più prioritaria

Nel 412 Atene aveva scelto come base militare l’isola di Samo, (scelta data dalla necessità, dopo che le classi popolari avevano scacciato i dirigenti da Atene stessa: a Samo, quindi, si erano rifugiati “gli aristocratici” ateniesi, fortemente antidemocratici). Alcibiade, al corrente di ciò, prese contatto con gli aristocratici di Samo per far sapere, attraverso loro, agli aristocratici di Atene, che voleva ritornare. In cambio, diceva, avrebbe procurato loro un alleato come il satrapo Tissaferne.

Alcibiade, tuttavia, non voleva certo rientrare ad Atene senza vendicarsi di coloro che lo avevano condannato in contumacia, probabilmente per una calunnia. Voleva infatti abbattere quel regime che lo aveva esiliato: la democrazia. Già, non gli bastava l’esser passato dalla parte nemica in seguito alla condanna, “è giusto tradire la Patria, quando questa ti fa del male”, avrebbe infatti affermato, secondo Tucidide, a Sparta, alla richiesta del perché si fosse rifugiato nella città nemica, aiutandola contro la “sua ex” Atene.

“Leonida alle Termopili” Jacques-Louis David. Nonostante la celeberrima vittoria spartana sulla Persia del 480 a C, meno di 60 anni dopo Sparta e la Persia si allearono, in funzione antiateniese. Ma l’alleanza fragile fu rotta per mano dello spregiudicato Alcibiade.

Ma perché Alcibiade voleva abbattere la democrazia di Atene? Non solo poiché erano stati i democratici a condannarlo (probabilmente per invidia), bensì perché gli unici filoateniesi con cui aveva ripreso contatto erano i trierarchi e gli aristoi di Samo, quindi di forte stampo antidemocratico. In seguito al declino di Atene durante il conflitto del Peloponneso, una forte corrente interna progettava di abbattere il regime democratico, quello stesso regime che, in fondo, a ben vedere, aveva trascinato Atene in guerra.

Alcibiade scelse così di sostenere gli antidemocratici. Ma come abbattere la democrazia, se non con un Colpo di Stato?

Verso il Colpo di Stato

Fu Alcibiade l’”uomo della svolta” che fece cadere la democrazia ad Atene? In realtà nella capitale dell’Attica, serpeggiava un forte dissenso nei confronti del regime democratico, che entusiasmava gli aristocratici fautori dell’oligarchia: una parte di questi ultimi si recò da Alcibiade, e ne comprese l’ultimatum: l’amicizia di Tissaferne, a un patto: abbattere la democrazia, anche per tutte le città alleate di Atene, per farlo rientrare. E così iniziò la congiura.

(continua)

Chantal Fantuzzi

Relatore

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