Oggi il pensiero del giorno lo assegno a me stesso. Pubblicato nel Mattino della domenica (hanno risposto anche Righinetti, Bazzi, ecc.). Mi ritrovo per così dire “in controtendenza”… ma in compagnia di Boneff! Chi l’avrebbe mai detto?

* * *

È sin troppo facile riassumere gli argo­menti pro e contro (spero di non banaliz­zare).

Per l’obbligo di fir­ma. Chi si cela dietro il famigerato “nick­name” può approfittarne per vomitare sul web ogni sorta di cattiverie e ne­fandezze, sia di carattere politico che personale.

Contro l’obbligo di firma. Ma è pro­prio il “nickname” che rende libero il blogger! Il quale, naturalmente, non abusa – non deve abusare – della sua grande e preziosa libertà. Potrà espri­mersi in modo fantasioso, frizzante e bizzarro, al limite provocatorio, ma sa controllarsi e non travalica il segno.

Da che parte pende la bilancia? Io esito, non è facile, ma alla fine pro­pendo per la facoltà di conservare l’anonimato. Anche perché chiunque sa che questo anonimato NON è asso­luto. Se c’è querela per ingiuria, diffa­mazione o calunnia, il procuratore può esigere la rivelazione del nome del blogger. Se si finisce sotto i fulmini del 261 bis (discriminazione razziale) idem come sopra.

Dobbiamo proprio rinunciare a Cali­gola, Bike, Jack the Ripper, Messalina, Abate Faria, Tiger? Non sarebbe un vero peccato?

Relatore

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  • E dove lo metti l'Abate Faria? Il quale non è truculento, ma se ne stette per anni segregato nel Castello d'If.

  • Uno dei tanti falsi problemi. Il famoso indirizzo IP è una lecita forma di controllo. Basta e avanza. Permette di sanzionare chi oltrepassa i limiti imposti dalla legge. I sistemi attuali permettono comunque di filtrare anche i grezzoni. Per tutto il resto l’anonimato è incontestabile.

  • Ma tu guarda! È proprio, poco mutatis e poco mutandis, quel che sostiene chi afferma che è anticostituzionale il divieto di copertura del volto sulla pubblica piazza nelle azioni per esprimere la propria opinione politica.
    Ma chi vuole far ricorso viene linciato...
    Cheers F

  • Credo esista una differenza tra un un volto e uno scritto. Prima di tutto il cosiddetto nickname non è negare le proprie generalità. Come è già stato detto, l’indirizzo IP è, appunto, un ❴indirizzo che identifica❵: contiene tutte le generalità necessarie al riconoscimento. In molti casi chi si firma con (quello che un tempo veniva definito) uno "pseudonimo" è perfino conosciuto dagli stessi editori del blog. Inoltre: uno scritto rimane ed è tracciabile. Si può quindi risalire all’identità dello scrivente nel caso in cui il testo contenga termini o forme lesive per qualsivoglia persona coinvolta. Direi che tutta la faccenda si situi su un piano molto più basso. Cioè appartiene a un atavico bisogno di voler sapere (subito) con chi si ha a che fare. Il centro dell'attenzione non cade tanto su quanto viene scritto, ma piuttosto con...
    “Chi ca l'è quel lì!?!”. Un classico della… provincia;-)

  • la libertà non è messa in pericolo tanto dallo stato, quanto dagli squadristi del politicamente corretto

    la magistratura, se ci sono i presupposti, può sempre rintracciare i responsabili dei comportamenti illegali: l'anonimato è l'ultima garanzia di un livello minimo di libertà di parola e di pensiero

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