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Berna scopre l’ “immigrazione economica” – di Lorenzo Quadri

Nella Berna federale comincia a sorgere qualche dubbio sulla libera circolazione delle persone.
La libera circolazione, come ormai sanno anche i paracarri, sta avendo conseguenze molto negative in Ticino, sia sotto l’aspetto occupazionale (frontalieri e padroncini che lavorano a scapito dei residenti) che da quello della sicurezza, leggi criminalità d’importazione.

La situazione attuale è quindi insostenibile, anche perché il “gap” tra Svizzera e Italia è eccessivo ed insuperabile. Il presidente della Deputazione ticinese alle Camere federali Fulvio Pelli ha dichiarato, in occasione della “giornata del presidente”, che il popolo, quando è chiamato alle urne, vota quasi sempre la cosa giusta, anche se i politici ci mettono un po’ ad accorgersene. Ebbene, il popolo ticinese ha sempre votato contro la libera circolazione delle persone.
Adesso però i problemi stanno sorgendo anche Oltralpe. Per cui Berna, che quando a lamentarsi è solo il Ticino risponde sistematicamente che non è vero niente, deve ora correggere un po’ il tiro. O almeno fingere di farlo. Sicché nei giorni scorsi il capo dell’Ufficio federale della migrazione Mario Gattiker ha manifestato la propria preoccupazione: la libera circolazione delle persone non deve servire da base ad una migrazione motivata da ragioni economiche.

Ci sarebbe da ridere, o da piangere a dipendenza. Quando mai la libera circolazione delle persone è stata altro? L’esplosione in Ticino dei frontalieri, soprattutto negli uffici dove di frontalieri non ce ne dovrebbe essere nemmeno uno, visto che la forza lavoro residente basta e avanza, non è forse una migrazione economica? E che tipo di migrazione si aspettava il buon Mario (Gattiker) dalla libera circolazione con un’Unione europea in bancarotta? In Italia la disoccupazione giovanile è al 30%. Gli uffici di collocamento e la stampa invitano massicciamente a cercare un’occupazione in Ticino. La migrazione economica non è una vaga minaccia, è una realtà da anni! E comincia ad esserlo anche in Svizzera tedesca. Il buon Gattiker, poi, non la racconta giusta quando sostiene che questi migranti economici “non ricevono né aiuto sociale né indennità di disoccupazione”. Ci spiace per il Mario, ma queste sono delle panzane belle e buone. In regime di Bilaterali, il migrante UE, per ottenere di potersi stabilire in Svizzera, deve sì avere un posto di lavoro da noi. Però può anche perderlo nel giro di pochi giorni e correre subito dopo ad iscriversi alla disoccupazione se dimostra (?) di aver lavorato in un paese UE un numero di giorni sufficiente ad aprire un termine quadro da noi. In questo modo può mettersi in disoccupazione ed, in seguito, assistenza; eccome che può!

Una cosa però è certa: se anche a Berna cominciano a porsi delle domande sulla libera circolazione delle persone con un’UE fallita, caratterizzata da tassi di disoccupazione alle stelle, non vuol dire che i funzionari federali cominciano a scendere sulla terra. Vuol solo dire che la situazione è davvero tragica.

Lorenzo Quadri

Relatore

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  • Però non si può dire neppure che i bernesi son lenti ché sarebbe politicamente scorretto. E mica solo in auto...

  • Fatemi capire. Credete sia credibile, per un partito (movimento?) come la Lega, che intende produrre una politica cantonale ambiziosa, richiamarci ripetutamente al demagogico anti-frontalierato (della famigerata campagna "balairatt" firmata dagli {ex?} amici democentristi) in una realtà imprenditoriale in grande espansione grazie proprio alla mano d’opera importata? A meno di trovarsi tutta l'imprenditoria cantonale ostile. Una destra che si presenta anti-sinistra, anti-sindacalismo, anti-salario minimo, anti-statalista, (che sono i poderosi slogan neoliberisti) si situa senza mezzi termini come un fronte politico allergico alle regolamentazioni stataliste. Incoerentemente paradossale, ma in sintonia col suo elettorato.

    Contrariamente a quanto potrà sostenere qualunque uomo politico anti-sinistra cantonale, chi è favorevole al libero passaggio di mano d’opera alle frontiere non sono i socialisti, ma è soprattutto l'imprenditoria collocata in Ticino. L’attività economica ha bisogno per fare profitti e anche per resistere alla delocalizzazione, di poter contare su una certa forza lavoro a un costo relativamente basso e poco incline all'antagonismo. La pressione delle imprese da una parte, ma anche l'interdipendenza generalizzata di tutte le parti favoriscono in un modo o nell'altro l'arrivo di altri immigrati, considerati come un prezioso bacino di mano d'opera a valori convenienti. Definito il quadro economico cantonale, una parte della destra ha dovuto (dovrà) piuttosto ripiegare sull’apologia propagandistica intrisa di generiche e astratte richieste di vigilanza nei confronti dello straniero. Una quotidiana inoculazione di emergenze di facciata che il populismo richiede (elettoralmente parlando) così da diffondere un sistematico pessimismo tattico nella più totale grossolanità politica.

    Infatti uno degli aspetti più disastrosi del cambiamento nel modo con cui viene trattata la cosiddetta "sottoclasse" salariata globalizzata (coloro che hanno lavori precari sottopagati) si è manifestato con l'aumento della conflittualità inespressa. E' il risultato perverso del passaggio da un modello, basato sullo stato sociale (modello inclusivo) a un modello di società che si vuole aggressivo e inumano. La conseguenza più visibile è il verosimile aumento della delinquenza. In questa chiave v’è da leggere il quotidiano appello (anche attraverso i media locali) finalizzato a fare pressione sullo Stato (ancora una volta incoerentemente chiamato a gran voce su un registro punitivo, penale, giudiziario), per un pressante controllo della delinquenza autoalimentata dall’ingiustizia sociale mondializzata.

    Questo avviene anche con l’evidente utilizzo del neolinguaggio -intriso di violenza verbale- adottato dal machismo politico indirizzato al discredito diretto delle istituzioni democratiche. Dopo di che si richiamano gli ordinamenti politici in chiave unicamente nazionalista, facendo perno sull’integralismo ideologico che trova sciaguratamente respiro anche in tanti cattolici sedotti dal dogma liberista, favorendo il risveglio di simpatie verso sistemi e figure autoritarie che progrediscono di pari passo con la tossica ricetta neocapitalista. Un circolo vizioso catastrofico, ma che funziona elettoralmente.

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