Generico

La scuola non è neutrale, al massimo può essere plurale

di Luca Frei, coordinatore della Gioventù Comunista

* * *

Il testo non impegna il portale.

Secondo me l’autore, un giovane comunista, ha  1) molta sincerità  2) poca immaginazione

Perché? Ve lo spiego subito. Se uno scrive

“… così facendo, però, non si analizza il comportamento poco neutrale della Svizzera durante la Guerra Fredda, fondamentale per comprendere anche l’attuale posizione geopolitica del nostro Paese. Inoltre, scandali come quello delle schedature (quasi un milione di cittadini svizzeri era stato schedato e veniva spiato dalla Polizia Federale soltanto perché di sinistra) o quello della P-26 (un esercito segreto parallelo a quello ufficiale e con funzione anti-comunista) vengono spesso e volentieri completamente omessi dal programma scolastico attuale. Per non parlare dello Sciopero Generale del 1918 …”

si dimostra sincero, rivelando chiaramente il suo pensiero.

Ma se non riesce a intravvedere l’effetto che un “programma” del genere non mancherebbe di avere sulla maggioranza dei cittadini, allora è proprio privo di immaginazione!

Veramente vogliamo questa scuola?

* * *

Nelle ultime settimane si sta dibattendo molto riguardo alla campagna “Scuole libere” lanciata dai Giovani UDC, con la quale accusavano erroneamente la scuola di essere di sinistra. La Gioventù Comunista aveva prontamente replicato, sottolineando che l’insegnamento è sì di parte, ma è liberale, in quanto espressione dell’ordinamento sociale in cui esso opera.

Personalmente, sono rimasto colpito dalle reazioni di certi ambiti politici e professionali, i quali negano totalmente l’esistenza delle ideologie nell’insegnamento. Eppure, la scuola è di parte e lo è sempre stata. Esemplare in tal senso erano le analisi di Robert Grimm, socialdemocratico marxista di spicco (di quelli che oggi non se ne trovano praticamente più), che contestava l’insegnamento delle scuole svizzere nei primi decenni del 1900. L’aspetto centrale della sua critica verteva sul fatto che le lezioni di storia svizzera non andassero oltre la Riforma protestante, tralasciando dunque importanti aspetti più contemporanei che permettessero di comprendere la struttura economica e politica elvetica. Ritengo che queste critiche siano, anche se in modo leggermente diverso, valide ancora oggi. Il corso di storia, infatti, raramente va oltre la Seconda Guerra Mondiale: così facendo, però, non si analizza il comportamento poco neutrale della Svizzera durante la Guerra Fredda, fondamentale per comprendere anche l’attuale posizione geopolitica del nostro Paese. Inoltre, scandali come quello delle schedature (quasi un milione di cittadini svizzeri era stato schedato e veniva spiato dalla Polizia Federale soltanto perché di sinistra) o quello della P-26 (un esercito segreto parallelo a quello ufficiale e con funzione anti-comunista) vengono spesso e volentieri completamente omessi dal programma scolastico attuale. Per non parlare dello Sciopero Generale del 1918, importante momento di mobilitazione dei lavoratori represso dall’esercito svizzero e oggi praticamente troppo dimenticato e del fatto che delle storiografie alternative (come quella marxista) o non vengono presentate, oppure vengono ingiustamente ridicolizzate.

Ma gli esempi non si limitano al solo insegnamento della storia. Mesi fa mi era ad esempio stata segnalata una verifica di cultura generale di una scuola professionale del Grigioni italiano, nella quale i vari sistemi politici ed economici venivano semplificati e presentati in maniera così tanto caricaturali da rasentare il ridicolo, come ad esempio: “hai due mucche, lo Stato te le confisca e ti fucila”. Questa e altre del medesimo tenore sarebbero la definizione di comunismo, socialismo, dittatura, eccetera: una vergogna!

Dagli archivi del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) è pure emerso una segnalazione risalente a una decina di anni fa nei confronti di un’insegnante liceale esponente di Comunione e Liberazione (CL) che forniva materiale didattico fazioso, con interpretazioni univoche corrispondenti al proprio credo (certo non di sinistra, cari Giovani UDC!) e che impediva ogni forma di dibattito plurale in classe. A quel tempo nessuno parlò di delazione…

Insomma, l’insegnamento, come qualsiasi altro aspetto della nostra società, non è neutrale e negarlo va contro l’onestà intellettuale. La scuola, che in termini marxisti è una sovrastruttura, è volta a promuovere la cultura politica liberale dominante nella nostra società e a mantenere invariato lo status quo anche fra le nuove generazioni. Criticare quindi, ad esempio, luoghi comuni anti-comunisti nell’insegnamento oppure contestare la faziosità nella didattica di alcuni docenti (che hanno una funzione pubblica, non privata) è dunque legittimo: il dibattito politico è anche questo, e deve essere accettato, se davvero si vuole promuovere una scuola realmente plurale come noi giovani comunisti auspichiamo.

Relatore

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  • (...) Ma se non riesce a intravvedere l’effetto che un “programma” del
    genere non mancherebbe di avere sulla maggioranza dei cittadini, allora è
    proprio privo di immaginazione!
    (...)

    Non credo di dover assumere simpatie comuniste nel poter tranquillamente affermare che se il popolo ticinese rifiutasse (come affermato da JtR) la “presenza” scolastica degli avvenimenti citati dal giovane comunista è probabilmente perché il giovane comunista, nello specifico, non ha tutti i torti. Infatti il pensiero “scolastico” del popolo ticinese è stato forgiato, in grande misura, dall’assenza di codesti fatti. Quindi l’insegnamento, nel suo insieme, dimostra un’eventuale presenza ideologica dominante …non identificabile a sinistra.

    Inoltre poi, se un docente cantonale presentasse tre (altrimenti noti) libretti di Frisch “ Guglielmo Tell per la scuola”, “Libretto di servizio”, per non parlare di “Svizzera senza esercito” editi da Casagrande(*) (credo non possa ritenersi una casa editrice bolscevica). Ebbene dicevo: se un docente presentasse codesti libri in classe sarebbe ticinesissimamente etichettato come un rossodisfattista. Personalmente aggiungerei inoltre altri due tomi editi da Casagrande(*): “Chi governa la Svizzera?” “ A chi appartiene la Svizzera?” (Hans Tschäni). Lascerei perdere tutta la bibliografia di Jean Ziegler per non suscitare ulteriori malcontenti.

    (*) Non ho alcun rapporto commerciale, né affettivo, con la casa editrice bellinzonese ;-)

    • Probabilmente l'ipotetico docente di Luca Frei non parlerebbe d'altro.
      A me pare che i Giovani UDC vogliano opporsi alla PROPAGANDA politica fatta in classe.

      Le tendenze teoriche daranno anche due, ma quelle PRATICHE...
      Caro Oltregottardo, né tu né io siamo nati ieri. Purtroppo.

      • Tutto da dimostrare, ovviamente.
        In dub(b)io pro reo.

        Tra l’altro i due tomi di Tschäni ci verrebbero (molto) utili per meglio inquadrare la ...“cornice” (anche) parlamentare nella quale si svolge il dibattito relativo alla votazione sulla responsabilità d’impresa.

        Così anche per rispondere - molto succintamente - all’articolo dell’avv. Tettamanti. Ovviamente …al mondo niente è perfetto e men che meno il genere umano. L’accettazione dell’imperfezione della natura umana (vaste sujet) è pure rimasta l’ultima risorsa (dialettica) da sfruttare ;-)

  • Sull'insegnamento lacunoso della storia svizzera (e sulla conseguente inconsistenza della lamentela che non viene insegnato lo sciopero generale e quant'altro, quando fatti ben più importanti della nostra storia vengono pure tranquillamente ignorati), mi sono già espresso nei commenti all'articolo di Fabio Camponovo, dunque non mi ripeto.

    Il GC lamenta che l'insegnamento della Storia si fermi alla seconda guerra mondiale, citando una serie di fatti (P26, schedature,...) che dovrebbero essere insegnati. Se l'insegnamento della storia si "fermasse" per davvero alla guerra, si scoprirebbe che in Svizzera schedature, eserciti segreti e quant'altro furono prassi anche durante la suddetta. Per fare un esempio; la polizia di Zurigo, oltre a schedari con tutte le informazioni di tutti i sospetti simpatizzanti della Germania e del nazismo, aveva già redatto e firmato i mandati d'arresto a loro carico, a cui mancava giusto che un qualunque funzionario aggiungesse la data perché divenissero effettivi. Ma essendo stata una precauzione contro i nazisti e non contro i comunisti, nessuno ha mai anche solo pensato di sollevare scandali per questo.
    Stesso dicasi per la critica al comportamento svizzero, "poco neutrale"; neutralità a cui spesso neppure si sa dare (volutamente o meno) una corretta definzione. Ufficiali di esercito e servizi segreti svizzeri appoggiarono gli alleati e i vari movimenti partigiani, cose queste non compatibili con la neutralità... ma di cui di nuovo nessuno s'è lamentato, al massimo sono state passate sotto silenzio perché non compatibili con quell'immagine della Svizzera che si desiderava imporre dagli anni '90 in poi.

    Semplicemente nel dopoguerra, e nel nuovo contesto internazionale che vedeva come principale minaccia quella sovietica (cosa questa che forse sarebbe pure opportuno ricordare...), si sono mantenute quelle strutture e quei metodi di protezione che si erano dimostrati efficaci nel periodo bellico. Ma posso capire che azioni uguali hanno reazioni diverse, a seconda se vanno a "colpire" amici o nemici.

  • Oggi hai da leggere, oggi è il tuo giorno! Prendi il Corriere e cerca l'articolo illuminante di Natalia. Poveri Giovani UDC, li fa a pezzi!

  • Jack_the_Ripper_II postrelativo • un giorno fa

    Oggi hai da leggere, oggi è il tuo giorno! Prendi il Corriere e cerca
    l'articolo illuminante di Natalia. Poveri Giovani UDC, li fa a pezzi!

    Abbocco all’esca di Jack?
    Restando il più breve possibile?
    Formato …twitter?
    Proviamo.

    First: condivido pensiero di Derek Bok citato dalla signora Ferrara: “Se pensate che l’istruzione sia costosa provate con l’ignoranza”. Nulla da eccepire. Ma … ma sappiamo pure che “l’istruzione” (istruzione n.b.) non “discende” (al discente:-) con gli stessi effetti su tutta la popolazione scolastica. Traduco: c’è chi inizia l’avventura formativa (formativa n.b.) partendo dalla scuola materna dopo aver già accumulato lacune pressoché insormontabili, frutto di pesanti deprivazioni preventive: i tanti che incontrano immediatamente …l’ignoranza. Ci sono coloro, viceversa, che sono subito “accompagnati” da eleva(n)ti stimoli famigliari: i presto emancipati …dall’ignoranza. Il divario parrebbe perfino in crescita.

    Aggiungerei che chi infila il percorso scolastico con successo, difficilmente può comprendere il vissuto di chi non ce l’ha fatta. Perché avere l’interesse per lo studio, riuscire a scuola e saper portare a lungo termine la propria formazione, non sono sempre disposizioni di “merito”. Oso citarvi (non un solo pensiero) addirittura un testo: “Poverty Safari” (Darren McGarvey, Rizzoli, Premio Orwell 2018) per (cercare di) capire quanto sia difficile gestire poi “il disagio” di chi è, o si sente, subito escluso dalla competizione.

    L’ …”esercizio scolastico” quindi (di come affrontare il “disagio d’ignoranza”) rimane gravoso. A meno che non si accetti il fatto che la famosa “istruzione di qualità, accessibile a tutti e adatta a ognuno” rimanga (“normale”) retorica enunciazione. Come Mc Garvey, mi sembra, lasci trapelare.

    Infine per “liberale par condicio” integrerei anche il discorso di un altro candidato alla presidenza del Plr (CdT di oggi) che parla di una “vera”(?) normalità della scuola. Conforme alle norme? Non nego nemmeno che possa esistere una “normalità pedagogica” tout court, ma ritengo pure quanto sia particolarmente difficoltoso definirne i contorni: stabilirne poi le “norme” condivise, diventa argomento assai complicato. Perfino il concetto di “scuola laica” trascina con sé poderosi dilemmi: l’attualità ce lo mostra in termini drammatici.

    Resterebbe poi da definire che cosa sia la “vera normalità” di un atto formativo. Chiudo con un compito in …classe : ovvero chiedersi quanto e come la Scuola (e qui la scrivo in maiuscolo) debba/possa intervenire con “vera normalità” (vera efficacia) nel processo di attenuazione di disequilibri che oggi predominano in ambito sociale. E che sono diventati perfino incontrollabili. Anzi …costosissimi

  • Jack_the_Ripper_II postrelativo • un giorno fa

    Oggi hai da leggere, oggi è il tuo giorno! Prendi il Corriere e cerca
    l'articolo illuminante di Natalia. Poveri Giovani UDC, li fa a pezzi!

    Abbocco all’esca di Jack?
    Restando il più breve possibile?
    Formato …twitter?
    Proviamo.

    First: condivido pensiero di Derek Bok citato dalla signora Ferrara: “Se pensate che l’istruzione sia costosa provate con l’ignoranza”. Nulla da eccepire. Ma … ma sappiamo pure che “l’istruzione” (istruzione n.b.) non “discende” (al discente:-) con gli stessi effetti su tutta la popolazione scolastica. Traduco: c’è chi inizia l’avventura formativa (formativa n.b.) partendo dalla scuola materna dopo aver già accumulato lacune pressoché insormontabili, frutto di pesanti deprivazioni preventive: i tanti che incontrano immediatamente …l’ignoranza. Ci sono coloro, viceversa, che sono subito “accompagnati” da eleva(n)ti stimoli famigliari: i presto emancipati …dall’ignoranza. Il divario parrebbe perfino in crescita.

    Aggiungerei che chi infila il percorso scolastico con successo, difficilmente può comprendere il vissuto di chi non ce l’ha fatta. Perché avere l’interesse per lo studio, riuscire a scuola e saper portare a lungo termine la propria formazione, non sono sempre disposizioni di “merito”. Oso citarvi (non un solo pensiero) addirittura un testo: “Poverty Safari” (Darren McGarvey, Rizzoli, Premio Orwell 2018) per (cercare di) capire quanto sia difficile gestire poi “il disagio” di chi è, o si sente, subito escluso dalla competizione.

    L’ …”esercizio scolastico” quindi (di come affrontare il “disagio d’ignoranza”) rimane gravoso. A meno che non si accetti il fatto che la famosa “istruzione di qualità, accessibile a tutti e adatta a ognuno” rimanga (“normale”) retorica enunciazione. Come Mc Garvey, mi sembra, lasci trapelare.

    Infine per “liberale par condicio” integrerei anche il discorso di un altro candidato alla presidenza del Plr (CdT di oggi) che parla di una “vera”(?) normalità della scuola. Conforme alle norme? Non nego nemmeno che possa esistere una “normalità pedagogica” tout court, ma ritengo pure quanto sia particolarmente difficoltoso definirne i contorni: stabilirne poi le “norme” condivise, diventa argomento assai complicato. Perfino il concetto di “scuola laica” trascina con sé poderosi dilemmi: l’attualità ce lo mostra in termini drammatici.

    Resterebbe poi da definire che cosa sia la “vera normalità” di un atto formativo. Chiudo con un compito in …classe : ovvero chiedersi quanto e come la Scuola (e qui la scrivo in maiuscolo) debba/possa intervenire con “vera normalità” (vera efficacia) nel processo di attenuazione di disequilibri che oggi predominano in ambito sociale. E che sono diventati perfino incontrollabili. Anzi …costosissimi

  • Jack_the_Ripper_II postrelativo • un giorno fa

    Oggi hai da leggere, oggi è il tuo giorno! Prendi il Corriere e cerca
    l'articolo illuminante di Natalia. Poveri Giovani UDC, li fa a pezzi!

    Abbocco all’esca di Jack?
    Restando il più breve possibile?
    Formato …twitter?
    Proviamo.

    First: condivido pensiero di Derek Bok citato dalla signora Ferrara: “Se pensate che l’istruzione sia costosa provate con l’ignoranza”. Nulla da eccepire. Ma … ma sappiamo pure che “l’istruzione” (istruzione n.b.) non “discende” (al discente:-) con gli stessi effetti su tutta la popolazione scolastica. Traduco: c’è chi inizia l’avventura formativa (formativa n.b.) partendo dalla scuola materna dopo aver già accumulato lacune pressoché insormontabili, frutto di pesanti deprivazioni preventive: i tanti che incontrano immediatamente …l’ignoranza. Ci sono coloro, viceversa, che sono subito “accompagnati” da eleva(n)ti stimoli famigliari: i presto emancipati …dall’ignoranza. Il divario parrebbe perfino in crescita.

    Aggiungerei che chi infila il percorso scolastico con successo, difficilmente può comprendere il vissuto di chi non ce l’ha fatta. Perché avere l’interesse per lo studio, riuscire a scuola e saper portare a lungo termine la propria formazione, non sono sempre disposizioni di “merito”. Oso citarvi (non un solo pensiero) addirittura un testo: “Poverty Safari” (Darren McGarvey, Rizzoli, Premio Orwell 2018) per (cercare di) capire quanto sia difficile gestire poi “il disagio” di chi è, o si sente, subito escluso dalla competizione.

    L’ …”esercizio scolastico” quindi (di come affrontare il “disagio d’ignoranza”) rimane gravoso. A meno che non si accetti il fatto che la famosa “istruzione di qualità, accessibile a tutti e adatta a ognuno” rimanga (“normale”) retorica enunciazione. Come Mc Garvey, mi sembra, lasci trapelare.

    Infine per “liberale par condicio” integrerei anche il discorso di un altro candidato alla presidenza del Plr (CdT di oggi) che parla di una “vera”(?) normalità della scuola. Conforme alle norme? Non nego nemmeno che possa esistere una “normalità pedagogica” tout court, ma ritengo pure quanto sia particolarmente difficoltoso definirne i contorni: stabilirne poi le “norme” condivise, diventa argomento assai complicato. Perfino il concetto di “scuola laica” trascina con sé poderosi dilemmi: l’attualità ce lo mostra in termini drammatici.

    Resterebbe poi da definire che cosa sia la “vera normalità” di un atto formativo. Chiudo con un compito in …classe : ovvero chiedersi quanto e come la Scuola (e qui la scrivo in maiuscolo) debba/possa intervenire con “vera normalità” (vera efficacia) nel processo di attenuazione di disequilibri che oggi predominano in ambito sociale. E che sono diventati perfino incontrollabili. Anzi …costosissimi

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