Estero

Myanmar: altri manifestanti antigovernativi sono stati uccisi dalla polizia durante le ultime proteste

Aumentano le violenze in Birmania da parte dei soldati e della polizia che sparano sugli oppositori al colpo di stato del 1° febbraio scorso.

Crescono le proteste in tutte le città del paese contro il sovvertimento dell’ordine statale effettuato dai militari, che ha invertito con la deposizione della leader civile Aung San Suu Kyi, anni di lenti progressi verso la democrazia del paese.

Di fronte a continui scioperi e ribellioni, la risposta delle forze di sicurezza è quella di una repressione sempre più violenta. Le informazioni che raggiungono il mondo esterno sono sempre più filtrate. L’accesso ad Internet è rigorosamente limitato, la pubblicazione dei giornali privati è stata vietata e oltre 2’330 persone sono state arrestate dall’inizio del colpo di stato, tra cui numerosi manifestanti, giornalisti e politici.

Con quasi 2 mila persone ancora detenute, le forze dell’ordine stanno conducendo una campagna intimidatoria fatta di molestie per interrompere le manifestazioni, rubando inoltre nelle varie case nelle quali fanno irruzione.

Almeno nove persone sono state uccise venerdì per cercare di reprimere le rivolte di massa. Le strade dell’ex capitale Yangon, la più grande città della Birmania caratterizzata da architetture coloniali britanniche e da pagode buddiste dorate, erano colme di persone in fuga dall’oppressione mortale. Le autorità della vicina Thailandia hanno confermato che si stanno preparando per ricevere un afflusso di sfollati.

La giunta militare ha imposto la legge marziale sulla città di Yangon. Il bilancio è di 237 vittime, secondo il conteggio degli attivisti dell’Associazione di assistenza per i prigionieri politici.

Due giornalisti, tra cui una reporter della BBC, Aung Thura, sono stati arrestati nella capitale Naypyidaw, mentre assistevano all’udienza di un leader dell’opposizione detenuto. Più di 40 il numero dei giornalisti presi in custodia dai militari. “Le forze di sicurezza sono arrivate per rimuovere le barriere, ma le persone hanno resistito e la polizia ha sparato”, ha confermato al telefono un testimone che ha preferito non identificarsi.

In una dichiarazione rilasciata dalla BBC, l’emittente televisiva inglese si è detta estremamente preoccupata per la sua giornalista birmana arrestata e portata via da uomini non identificati, e ha invitato le autorità birmane a trovarla e confermare che sia al sicuro.

Il portavoce della giunta militare, che non si è reso immediatamente disponibile per rilasciare un commento, ma ha tenuto a dire che “le forze di sicurezza usano la forza solo quando necessario”.

L’esercito ha giustificato la sua presa di potere sostenendo la frode elettorale nelle elezioni dello scorso novembre, che sono state vinte con una valanga di voti dal partito dell’opposizione guidato dalla Aung San Suu Kyi.

L’occidente ha condannato il colpo di stato e chiesto la fine delle violenze in un paese oppresso per molti anni da una rigida dittatura militare e il rilascio della leader democraticamente eletta dal paese arrestata durante il colpo di stato. L’Indonesia si è offerta di aiutare a trovare una soluzione. Il presidente indonesiano Joko Widodo ha chiesto agli altri leader regionali di tenere un vertice sulla crisi dopo una serie di mancati progressi.

I ministri degli esteri dell’Unione europea, dovrebbero approvare lunedì le sanzioni contro alcuni funzionari birmani. Il blocco europeo di 27 nazioni ha accettato lo scorso mese di prendere di mira l’esercito del Myanmar e i suoi interessi economici in risposta alla presa di potere. Almeno 11 le persone, tutti militari e agenti di polizia, che saranno sottoposte a congelamento dei beni e inserite nella lista nera per il divieto di visto da parte dei ministri che si riuniranno a Bruxelles. Nelle prossime settimane saranno sanzionate anche le aziende legate in affari con l’esercito birmano.

Secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite, la comunità internazionale dovrebbe rispondere immediatamente alle continue violenze commesse “tagliando ai leader militari birmani il loro accesso al denaro e alle armi”.

MK

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