Arte

Rovigo – “Vedere la musica”, dal Simbolismo alle avanguardie

Arte e simbolo come connubio di vita a Palazzo Roverella

di Cristina T. Chiochia

Arte e simbolo. Un connubio molto amato dalle mostre in questi anni in Italia. Sia per il valore intrinseco di questo movimento letterario ed artistico, attraverso le suggestioni sia per l’attualità dei temi, di un periodo di “passaggio”, che ricordano i tempi attuali.Un “antimateria” che si propone ora a Rovigo, in Italia con la bella mostra VEDERE LA MUSICA ovvero “L’arte dal Simbolismo alle avanguardie”. Dove, nella bella città di Rovigo diventano protagonisti (con un allestimento inedito a Palazzo Roverella) grandi capolavori dal 26 aprile – 4 luglio 2021 e, grazie al nuovo decreto, fruibili in presenza. Paesi ed artisti molto diversi che  vengono proposti in mostra perche’ “fissano” sulla tela, suggestioni di un contemporaneo che diventa moderno, attraverso appunto il “vedere” la musica. Rendendola sensibile a tutti i sensi.

Un invito a partecipare a questo happening che coincide con molte riaperture espositive in tutta Italia, il vernissage, che si è tenuto online, dove il curatore della mostra, Paolo Bolpagni ed altri ospiti, hanno dato vita ad un vero e proprio percorso emozionale del mondo eroico della mostra e dei suoi temi. Un Palazzo Roverella bellissimo che si presenta con le parole del Prof. Gilberto Muraro, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo , il Prof. Edoardo Gaffeo Sindaco del Comune di Rovigo e il Prof. Giovanni Boniolo, Presidente dell’Accademia dei Concordi. Un excursus unico, con anche un breve percorso virtuale della mostra e che tuttora disponibile da vedere sul canale youtube e che traccia , come recita il comunicato stampa, un “racconto di relazioni, intrecci e corrispondenze tra l’elemento musicale e le arti visive. A partire dall’affermazione, alla fine del XIX secolo, in tutta Europa, di un filone pittorico ispirato alle opere di Richard Wagner.” 

Una mostra che offre la sinestesia delle arti, appunto, pero’ in modo non sfuggente come l’argomento che propone: l’incontro tra le arti mai fine a se stesso. Il periodo simbolista se infatti si è nutrito di questo crossover per un’arte “totale” è anche stato il periodo dove le armonie diventavano sinfoniche e cromatiche insieme. Ma , come dice la presentazione, è davvero possibile ascoltare la musica con il senso della vista ed il suono ha colore e quale è il colore dell’invisibile? Pare di si.Arti figurative e sonore insieme. Esplorazioni ricche di contraddizioni e di invenzioni. Tra inquietudini che trasportano lo spettatore in un lasso di tempo forse breve, ma che fa scoprire capolavori di maestri quali Chagall, Klee, Boccioni, Balla, Casorati e Segantini. Sino a passare ai disegni, alcuni bellissimi, tra cui Klimt, Le Corbusier e Picasso avvicinandoli a grandi classici musicali. Un modo di ri-avvicinare il reale e non solo la realtà, purtroppo ancora molto difficile, in modo unico. Con tutte le arti insieme per dare loro spazio per ritrovare un po’ di bellezza dopo tanto male.

Significative le opere esposte, esse stesse  essenza di questo dialogo come “soliloquio” basti citare il capolavoro di Hans Thoma di un violinista al chiaro di luna del 1897 con la tecnica della algrafia a colori o i bozzetti Fortuny visibili dopo il felice ritrovamento in collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano. Arte per l’arte, musica ed emozioni per quello che sono, ma in un una ricerca verso il “grande approccio” ma più filosofico, quasi a cercarne l’essenza polifonica in una dolce musica da camera.

E così se, come recita il comunicato stampa “nel 1902 la Secessione di Vienna dedica una mostra a Ludwig van Beethoven. Con l’arrivo delle avanguardie, poi, soprattutto dagli anni Dieci del Novecento, i suoni di Johann Sebastian Bach diventano modello e paradigma per la pittura di Vasilij Kandinskij, Paul Klee, František Kupka, Félix Del Marle, Augusto Giacometti e molti altri. E via via, passando per il Cubismo, il Futurismo, il Neoplasticismo, fino al Dada e al Surrealismo, la musica si conferma un riferimento assoluto, divenendo centrale in Kandinskij e Klee, non meno che per altri protagonisti delle avanguardie europee. Esempi emblematici di questa “fusione delle arti” creano una mostra-spettacolo di assoluto fascino”. Fascino che si unisce in modo nobile e geniale alla pittura e la musica  di un periodo inedito, ma che offre lo sguardo di ciò che dovrebbe essere l’arte per un artista e per chi la guarda e la fruisce. L’opera d’arte in quanto tale e non una facile moda. Metafore del passaggio dall’opera d’arte “unica” a quella facilmente “riproducibile” in serie. In un mondo che non si riconosce più.

L’Italia in questa mostra a Rovigo, offre una bella fotografia del valore delle arti per il benessere del vivere e del “ben vivere” tutto italiano, tra pittura, scultura e musica (molto belli gli accostamenti musicali dell’audioguida nelle varie sale). Tema fondamentale, in particolare al giorno d’oggi ancora, purtroppo tema chiuso tutto su se stesso per causa della pandemia , ma che evoca sempre l’unicità dell’essere anche fruendo di opere d’arte, di cui tra l’altro, la vicina Italia è ricca: al di la’ del facile “appiattimento” di questi tempi, dove non si ha padronanza di se’ ne’ della propria libertà e quindi men che meno del proprio “sentire” artistico, la mostra di Rovigo celebra le riaperture dei musei in Italia in modo splendido e con accostamenti davvero suggestivi.

Una mostra da visitare con calma e cura, quasi una “chiamata alla complicità” di quella splendida condizione umana che è la vita, sempre e comunque.  Dopo aver sperimentato mesi senza mostre e possibilità di una cultura condivisa, con questa mostra , la vicina Italia si mostra fiera della sua corrispondenza, ricca di sinestesia appunto, con il mondo della cultura delle musica e del pensiero , tutto da recuperare.  Con la consapevolezza che solo accettando anche la stanchezza di mesi di lockdown, chiusi in casa,  finalmente, sia arrivato il tempo di riapproprarsi del proprio benessere artistico a tutto tondo. Perche’ è bello riprendersi il senso profondo dell’arte e della cultura dai propri musei italiani in presenza. Pandemia permettendo.

Relatore

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