galeazzo1Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano, dissoluto e crudele, temuto e odiato, morì così.

Galeazzo MariaIl 26 dicembre 1476, una gelida giornata d’inverno, andò a sentir messa nella chiesa di S. Stefano. Tre congiurati – Giovanni Andrea Lampugnani, Carlo Visconti e Girolamo Olgiati – avevano preparato il colpo per quella data. All’arrivo del duca, Lampugnani gli s’inginocchiò dinnanzi nel gesto del supplicante, ma all’improvviso estrasse un pugnale e lo colpì due volte al ventre. Anche gli altri congiurati gli furono addosso. Il duca morì e gli assassini tentarono la fuga nel parapiglia. Ma Lampugnani incespicò, cadde a terra e fu massacrato all’istante; Visconti e Olgiati si dileguarono. La polizia diede loro la caccia, il popolo non si sollevò, contro le speranze dei congiurati. Nessuno li aiutò, neppure i loro familiari, ed essi furono catturati, giudicati e condannati a morte. La pena per gli uccisori del capo dello stato era lo squartamento. Sul patibolo, ormai nelle mani del carnefice, Girolamo Olgiati pronunciò queste parole:

“Mors acerba, fama perpetua, stabit vetus memoria facti”