Esattamente quarant’anni fa le donne vinsero una battaglia che segnò il loro futuro. Il 7 febbraio 1971 acquisirono il diritto di voto. E solo dal 1981 la Costituzione sancisce la parità tra i sessi. Non è stata una battaglia facile. Nel 1959 il popolo svizzero affossò il diritto di voto alle donne con il 67% dei voti contrari. In alcuni Cantoni i no furono addirittura l’80%. Appezzello Interno – che a seguito di una sentenza del Tribunale federale ha introdotto il diritto di voto alle donne solo nel 1990 – contò una percentuale di schede contrarie del 95%.

Oggi le donne hanno pieni diritti, partecipano alla vita attività e al benessere della società. Negli anni che ci hanno preceduto hanno dovuto continuare a lottare per avere eguali possibilità e condizioni dei cittadini di sesso maschile. Molto – rispetto a quarant’anni fa – è stato raggiunto, ma le cosiddette pari opportunità non sono ancora presenti in tutti gli ambiti della società. Pensiamo ad esempio alla parità salariale, anche se sancita dalla Costituzione e presente nella legge sulla parità (che quest’anno celebra i 15 anni dalla sua entrata in vigore), vi sono ancora molte, troppe differenze tra le buste paga delle lavoratrici rispetto a quelle dei lavoratori uomini. Secondo i dati dell’Ufficio federale per l’uguaglianza tra uomo e donna, le differenze di retribuzione sono ancora oggi considerevoli. Le donne infatti guadagnano in media il 20% in meno rispetto agli uomini. Il 40% circa di questa differenza è dovuta da comportamenti discriminatori. Soprattutto per le posizioni direttive, i salari delle donne subiscono una contrazione del 30% in meno rispetto ai colleghi uomini con la stessa funzione.

Ma le disparità tra i sessi non si limitano al mercato del lavoro. Pensiamo ad esempio al numero di donne che siedono in Gran Consiglio. Su 90 deputati, vi sono solamente 12 donne. Perché questo divario? Le liste dei vari partiti presentano candidate valide, capaci che potrebbero sicuramente fare un buon lavoro sui banchi del Parlamento cantonale. La sfida di oggi – o meglio quel del 10 aprile – è sostenere queste donne, non votandole per il loro sesso, ma per le loro qualità, le loro idee e la loro visione del futuro del Ticino. Le donne non devono essere votate perché donne, ma non devono essere non votate perché lo sono.
Di buon auspicio la politica federale che ha visto il numero delle rappresentanti in Consiglio Nazionale continuare a crescere dal 1971. A fine 2010 siamo poi stati testimoni di una maggioranza femminile nel Governo federale. Le basi per un futuro con una verità parità tra uomo e donna ci sono. Non ci resta che metterle in pratica e sperare in un coinvolgimento maggiore delle rappresentanti del sesso femminile in tutti gli ambiti della società, dalla politica alla società civile.

Valentina De Bianchi
Vice presidente Associazione Donne PPD
Candidata al Gran Consiglio