Dopo il devastante terremoto che venerdì ha colpito il Giappone, il pensiero va alle centinaia di faglie “nascoste” che rischiano di provocare ancora violenti terremoti in quelle regioni del paese che appaiono come le meno rischiose.

Le “faglie nascoste del Giappone” erano state portate all’attenzione pubblica nel 2007 dal geologo giapponese Shinjii Toda. Toda aveva studiato gli 30 ultimi terremoti di magnitudo 6.5 e oltre che avevano colpito il Giappone dal 1923 e il cui epicentro si situava a una profondità massima di 30 chilometri, un fattore che – come è accaduto ieri in Giappone – ha effetti disastrosi.
“Su quei 30 terremoti solamente 5 hanno lasciato tracce visibili sulla superficie terrestre – aveva spiegato Toda in un’intervista all’Istituto di scienze e tecnologia industriale di Tokyo. Il suo studio rimetteva totalmente in discussione le carte ufficiali di sismologia del Giappone, che si basavano sulle tracce di precedenti scosse sismiche provocate solamente dalle grandi faglie.

Il Giappone si trova lungo la cintura di fuoco del Pacifico, una zona lunga 40mila chilometri e dove si concentra l’80% dei terremoti, nel punto in cui si intersecano quattro placche tettoniche: la placca eurasiatica, quella nordamericana, quella pacifica e quella delle Filippine.
“Vi sono faglie nascoste in zone che sulle carte ufficiali non sono considerate a rischio sismico. Vi sono inoltre molte faglie minori che non sono ancora state rilevate – aveva spiegato Toda – Il rischio sismico in Giappone è assai sottovalutato. Nessuna regione del nostro paese può dirsi al riparo dai terremoti.”

Toda aveva fatto l’esempio del sisma che il 16 luglio 2007 aveva colpito Niigata, nel centro del paese, una scossa di magnitudo 6.8. Nella regione, che era considerata a debole rischio sismico, si trova la centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande centrale elettronucleare del globo. La scossa aveva fatto 11 morti e oltre 1000 feriti.
“Nel 1980, quando erano iniziati i lavori per la costruzione della centrale – aveva detto Toda – i geologi sapevano della presenza in quella nella zona di faglie attive, ma gli studi fatti dal costruttore, la Tokyo Electric Power Co. negli anni ’70 e ’80 avevano sottostimato la lunghezza delle faglie sottomarine – 7 o 8 chilometri invece degli effettivi 20 chilometri – e ignorato altre 4 faglie vicine al sito della centrale.”

Il sisma del luglio 2007 si era rivelato di intensità 2.5 volte maggiore di quella prevista nei piani della centrale. Un trasformatore aveva preso fuoco e l’acqua radioattiva si era riversata in mare. Dopo tre anni di chiusura, durante i quali erano state fatte molte verifiche riguardo ai danni e alla sicurezza, nell’agosto 2010 l’impianto è stato parzialmente riavviato.

(Fonte : Agenzia Kyodo)