Solamente alcuni giorni or sono la Consigliera federale Eweline Widmer Schulmpf, rispondendo a Norman Gobbi (Lega dei ticinesi), aveva chiaramente indicato che l’accordo sui frontalieri con l’Italia non si discute.

Oggi il Gran Consiglio ticinese ha approvato all’unanimità l’iniziativa cantonale presentata da Fabio Regazzi, Paolo Beltraminelli e Giovanni Jelmini a nome del Gruppo PPD, che chiede di sottoporre all’Assemblea federale le seguenti richieste:

1. attenuare l’ammontare del ristorno a carico di Ticino, Grigioni e Vallese in ragione del 38.8% in modo analogo a quello pattuito con l’Austria;
2. rimediare all’assenza di reciprocità a danno dei residenti della fascia di frontiera svizzera che lavorano come dipendenti nella fascia di frontiera italiana;
3. nel caso in cui, per ragioni politiche, non si voglia chiedere la rinegoziazione dell’Accordo sui frontalieri, la Confederazione riversa al Ticino la differenza tra il ristorno tra il 38.8% concesso all’Italia e il 12.5% concesso all’Austria.

Il PPD esprime grande soddisfazione e scrive.

Premettendo che il problema fiscale dei frontalieri fra Svizzera e Italia si inserisce nel contesto molto più vasto, e nel contempo complesso, dell’assistenza amministrativa in materia fiscale intervenuta dal 2008 in poi, il PPD ricorda come negli ultimi anni la situazione è di fatto notevolmente cambiata.
Il Ticino deve perciò farsi promotore di un intervento deciso presso la Confederazione per spiegare come rispetto al 1976 (35 anni fa!), anno in cui l’Accordo sui frontalieri è stato sottoscritto, le condizioni siano radicalmente cambiate, sia dal punto di vista formale che sostanziale, già a partire dalla modifica dello statuto di frontalierato (con l’abrogazione del rientro giornaliero), ma anche a causa dell’assenza di reciprocità nei confronti dei ticinesi che operano professionalmente in Italia.
Ma la motivazione principale alla base dell’iniziativa cantonale PPD va ricercata nella crassa disparità di trattamento per rapporto ad altri Cantoni. Il riferimento va in particolare all’Accordo sulle imposte alla fonte rinegoziato con l’Austria nel 2006, che prevede un’aliquota al 12.5% contro il 38.8% che il Ticino deve riversare all’Italia, corrispondente a ca. 50 mio. di franchi all’anno (dall’entrata in vigore dell’Accordo sui frontalieri il Ticino ha versato ai Comuni di frontiera italiani oltre 1 miliardo di franchi!).
Per queste ragioni, l’iniziativa cantonale proposta dal PPD poggia su validi argomenti per pretendere dalla Confederazione l’apertura di trattative volte a rinegoziare con l’Italia, analogamente a quanto avvenuto con l’Austria, l’Accordo del 1974, oramai ampiamente superato e chiaramente discriminatorio.
Se però, per ragioni politiche o di opportunità, la Confederazione non intendesse procedere nel senso auspicato dall’iniziativa cantonale, chiediamo in via subordinata che al Ticino venga riversata la differenza fra il ristorno del 38.8% e il 12.5%, che corrisponde a ca. 35 mio. di franchi all’anno.

Nel comunicato stampa a firma Fabio Regazzi non manca nemmeno una stoccata alla lega dei Ticinesi

Ricordiamo – scrive il PPD – al domenicale leghista che già nell’aprile 2007, per il tramite del granconsigliere Gianni Guidicelli, il quale riprendendo quanto formulato dal Consigliere nazionale Meinrado Robbiani il 12 marzo 2007, aveva presentato per primo una proposta analoga a quella approvata oggi dal Gran Consiglio. Se c’è qualcuno che fotocopia gli atti parlamentare non è certamente il PPD, bensì chi gli atti parlamentari li produce (o fotocopia?) a catena, senza peraltro raccogliere successi significativi.