Il silenzio delle api. Il grande scienziato Albert Einstein riteneva che nel momento in cui dovessero estinguersi le api all’umanità non resterebbero che pochi anni di vita.
Forse non giungeremo a tanto, ma di fatto la scomparsa delle api dalle arnie è un fenomeno che dura da diversi anni ormai, anche se viene considerato un tema secondario e come tale è poco dibattuto. Negli Stati Uniti la scomparsa progressiva delle api viene chiamata “Colony Collapse Disorder”: quasi il 90% delle api è scomparso in almeno una trentina di Stati. Parte della responsabilità viene data ai pesticidi, sempre più letali. L’industria chimica statunitense conduce una vasta campagna per respingere queste “infondate e assurde” accuse. Si punta il dito anche contro la siccità e le onde elettromagnetiche emesse dagli apparecchi elettronici e dai telefoni cellulari, che farebbero perdere alle api, già debilitate dai pestidici, l’orientamento.
In Argentina e in Uruguay è rimasto vuoto circa il 40% delle arnie. Ovunque le api operaie abbandonano le arnie e la loro regina e non ritornano. Non dovrebbero essere morte in quanto gli agricoltori non hanno segnalato alcun ritrovamento di gruppi di api morte.

La scomparsa delle api è un fenomeno che però non riguarda solamente il continente americano. Anche in Svizzera si segnalano scomparse massicce di api in diversi cantoni, malgrado non siano disponibili dati al riguardo. In Spagna si segnala lo svuotamento di almeno 300’000 arnie (circa 9 milioni di insetti). Sono segnalati casi di api che non tornano alle loro arnie anche in Polonia, Grecia, Portogallo e Italia.
I ricercatori svizzeri attribuiscono il fenomeno a un virus veicolato da un acaro d’origine asiatica. In America Latina le cause sarebbero da ricercarsi nel cambiamento climatico e nelle colture transgeniche. In Spagna invece danno la colpa ai mutamenti climatici e ai pesticidi usati nelle coltivazioni.

In controtendenza, un rapporto delle Nazioni Unite assicura che le notizie della scomparsa delle api sono tendenziose e false e che il numero delle colonie di api nel mondo è cresciuto, negli ultimi 50 anni, di almeno la metà, escludendo una leggera flessione all’inizio degli anni Novanta.
Insomma saremmo, incluso chi scrive, i solito allarmisti.

Tornado, terremoti, tsunami e inondazioni: sempre più violenti, sempre più frequenti. Le inondazioni nell’Estremo Oriente, nell’America del Sud, la serie impressionante di terremoti nella zona della cintura di fuoco del Pacifico. Il violentissimo sisma del dicembre 2004 nell’Oceano al largo dell’Indonesia e il conseguente terribile tsunami, la devastazione dell’11 marzo nel nord est del Giappone, l’impressionante serie di tornado che negli scorsi giorni ha devastato un vasto territorio degli Stati Uniti. La Terra sembra volersi scrollare di dosso un peso sempre più opprimente.

Che altro potrebbe opprimere il nostro pianeta? Il fallimento della scienza nucleare, ad esempio. Basta considerare gli eventi di Fukushima per illustrare la situazione. Scienziati sempre più arroganti, alla ricerca della particella di Dio. Invece di energia verde e pulita, le loro supponenti ricerche spargono sul pianeta un veleno invisibile e potente.

Nei segnali di una Terra al limite delle sue capacità andrebbe anche considerato il pericolo di un aumento della penuria di cibo, acqua e sementi. A nessuno di noi viene in mente di tenere in casa una scorta di cibo in scatola, affettati, carne secca, formaggio a pasta dura, bottiglie di acqua, un fornellino a gas, candele, fiammiferi e altro ancora? Eppure dovremmo farlo, anche se magari non ne avremo mai bisogno. Da una fonte sicura, che però è stata smentita e invitata a tacere, presso il governo di Berna si parla concretamente della necessità per la popolazione di tenere in casa queste scorte di emergenza. Un’informazione ufficiosa che non verrà mai ufficializzata e finchè le autorità non dicono nulla noi possiamo stare tranquilli.