PPD Ticino ha preso atto con grande soddisfazione della decisione del Consiglio federale di rinegoziare l’accordo sui frontalieri del 1974 con l’Italia. La richiesta, elaborata dal PPD Ticinese, è stata fatta propria dal Gran Consiglio per il tramite di un’iniziativa cantonale.

Il Consiglio federale ha accolto l’iniziativa cantonale – votata dal Gran Consiglio ticinese su proposta PPD – che chiede di rinegoziare l’accordo sui frontalieri del 1974 con l’Italia.
Il PPD esprime grande soddisfazione per la decisione del Governo federale e auspica che questo passo serva a sbloccare una situazione che penalizza il nostro Cantone nell’ambito dei rapporti con l’Italia.

L’iniziativa cantonale proposta da Fabio Regazzi, Paolo Beltraminelli e Giovanni Jelmini a nome del Gruppo PPD, chiedeva alla Confederazione di aprire le trattative con l’Italia in vista di:
1. attenuare l’ammontare del ristorno a carico di Ticino, Grigioni e Vallese in ragione del 38.8% in modo analogo a quello pattuito con l’Austria;
2. far cancellare la Svizzera dalla black list italiana in modo da agevolare il lavoro delle aziende elvetiche che commerciano con l’Italia;
3. rimediare all’assenza di reciprocità a danno dei residenti della fascia di frontiera svizzera che lavorano come dipendenti nella fascia di frontiera italiana.

Il PPD auspica che le trattative siano avviate in tempi brevi e si arrivi quanto prima ad abbassare e adeguare l’aliquota fissata al 38,8%.
È infatti evidente che un numero sempre più elevato di lavoratori dipendenti residenti nella fascia di frontiera italiana non rientra quotidianamente al proprio domicilio e numerosi lavoratori italiani non provengono più dalla fascia di frontiera (20 km).
Le condizioni quadro rispetto al 1974 sono quindi cambiate notevolmente e i due Paesi devono adattare l’accordo.
Se la Confederazione non ottenesse una riduzione significativa del ristorno, il PPD rinnova l’invito al Consiglio di Stato volto a chiedere a Berna misure compensatorie per il Canton Ticino.

Il mantenimento da parte italiana della Svizzera sulla black list dei cosiddetti “paradisi fiscali” crea un grave danno alla nostra economia, in particolare alle aziende che devono far fronte a nuovi obblighi d’informazione nei confronti del fisco italiano. Un numero sempre maggiore di aziende svizzere è infatti sollecitato dai partner italiani a fornire loro informazioni finora non richieste. Questo crea un clima d’incertezza tra gli operatori svizzeri.