La sconfitta di Mitt Romney è anche quella di un partito che si è perso andando alla deriva verso l’estrema destra.

Volendo avvicinarsi troppo alla destra della destra, Mitt Romney è stato preso in trappola. E quando ha voluto ricentrare la sua immagine, grazie a una performance impeccabile nel primo dibattito televisivo contro il presidente uscente, era ormai troppo tardi.
Avrebbe potuto fare altrimenti? Sicuramente no, vista la deriva a destra del partito repubblicano. Ma questo non gli ha impedito di collezionare errori.
Qualsiasi esperto repubblicano dirà la stessa cosa : non è stato Obama a vincere queste elezioni. E’ stato Romney che le ha perse, in maniera imperdonabile.


Primo errore : non essere stato capace di sbarazzarsi della sua immagine di multimilionario egoista e arrogante.
Romney avrebbe dovuto rendere pubbliche da subito le sue dichiarazioni d’imposta, prima delle primarie e certamente prima della campagna presidenziale. Avrebbe incassato reazioni negative ma queste con il tempo si sarebbero smorzate.
Avrebbe soprattutto mostrato che non si rimproverava della propria ricchezza, mentre invece ha continuato a dare l’impressione di voler nascondere miserabili stratagemmi per pagare il meno imposte possibile.

Secondo errore : immaginare che il solo fatto di essere stato un imprenditore fosse una qualifica sufficiente per diventare presidente.
Gli americani ammirano il successo individuale ma pensano che un paese in crisi non si gestisca come se fosse un’azienda. E soprattutto, Romney non è Steve Jobs : la sua attività di acquirente di aziende, con le quali ha ammassato milioni di dollari anche quando andavano in fallimento, nulla aveva a che vedere con l’home run stile Apple.

Terza debolezza : l’immagine. Mitt Romney è un candidato che l’America non ha mai amato.
La sua quota di simpatia presso il pubblico è sempre rimasta molto bassa. Senza dubbio avrebbe potuto cambiare, ma il fatto che non abbia mai veramente provato a rendere più umana la sua persona, ritenendo senza dubbio che le sue competenze fossero sufficienti, ne ha fatto un candidato debole.
Dopo le primarie repubblicane, Romney aveva avuto tutta l’estate per definire un’immagine di sè più carismatica e moderata. Invece aveva lasciato il campo libero a Obama, che lo aveva bombardato di spot negativi negli Stati chiave.
Tutti i consulenti politici lo sanno : quando gli elettori si sono fatti un’opinione su un candidato, per questi è molto difficile modificare la propria immagine.

Altro errore tattico maggiore : non aver incentrato la campagna sui grassroots, ossia l’organizzazione sul terreno e sui social network, pensando che un bombardamento di spot televisivi durante l’autunno sarebbe stato sufficiente.
Mitt Romney avrebbe potuto correggere questi errori, almeno in parte, dopo l’exploit del primo dibattito televisivo, il 3 ottobre a Denver. Era improvvisamente apparso come un candidato ragionevole, eloquente, volenteroso.
Il suo errore non era stato tanto l’essere ritornato mediocre di fronte a un brillante Obama nel secondo e terzo dibattito, quanto l’essersi lasciato prendere in un programma che non era credibile.
Romney si è talmente ostinato a difendere durante dei mesi le riduzioni d’imposta per i più ricchi che quando aveva cercato di raddrizzare la rotta, dopo Denver, nessuno ci ha creduto. Ha sperperato la sua nuova popolarità cercando di attaccare, con la Libia, la credibilità di Obama in materia di politica estera.
Più grave ancora, non è mai stato capace di dettagliare il suo programma, scegliendo di rimanere nel vago, malgrado si parlasse di diverse migliaia di miliardi di dollari.
E’ anche caduto nella trappola di un’ideologia sorpassata. Quanti americani desiderano mantenere un enorme budget della Difesa, dopo il disastro delle guerre in Iraq e Afghanistan?

Alla fine, tutti questi errori sono pesati sul voto. Ma la vera sconfitta non è stata quella di Romney, che malgrado tutto non era il peggiore dei candidati repubblicani.
La vera sconfitta è quella di un partito che si è perso andando alla deriva verso l’estrema destra. Si potrebbe pensare che la ragione nascerà dalla sconfitta, ma probabilmente sarà più vero il contrario.

(Fonte : Le Nouvel Observateur.fr)