Questo bell’articolo dell’amica Iris… avrei voluto scriverlo io. Gli automobilisti sono (in teoria) una potenza, occupano (quasi) tutta la società. Ma, ammesso che costituiscano una “lobby”, questa appare totalmente impotente. E non mi riferisco soltanto agli ultimi “sviluppi” delle sanzioni penali – in conseguenza delle quali un automobilista dal “piede pesante” viene trattato più severamente di un rapinatore – ma, anche e soprattutto, ai camuffamenti deliranti ai quali sotto sottoposte le nostre strade, ormai ridotte a piste da minigolf disseminate di ostacoli fantasiosi e vari. (fdm)


Nell’edizione di martedì 17 giugno è stata pubblicata dai quotidiani locali la notizia della condanna nei confronti  di due automobilisti, chiamati ora “pirati della strada”, rei di aver ampiamente superato il limite di velocità consentito sulle nostre strade, senza comunque aver provocato incidenti.  Oltre al ritiro della patente, i due automobilisti sono stati condannati  ad una pena detentiva (cioè la prigione) di 1 anno che, seppur sospesa  con la condizionale, non impedirà  che la stessa venga iscritta nel casellario giudiziale, con tutte le conseguenze  del caso. Rammento che, nell’assunzione di personale, in diverse  aziende del nostro Paese è richiesto  l’estratto del casellario giudiziale  e che quindi eventuali condanne  subite nell’ambito delle infrazioni  stradali, fino a qualche tempo fa ritenute non gravi, possono penalizzare  seriamente i candidati incappati in simili infrazioni.

È chiaro che chi causa incidenti in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze  alteranti, chi è recidivo e chi accusa gravi negligenze (non rientravano in queste tipologie i due automobilisti  condannati nei giorni scorsi) debba subire  le giuste sanzioni e pene del caso, ma le norme entrate in vigore il 1° gennaio dello scorso anno sono davvero  molto pesanti e spropositate, nei confronti  di chi commette delle infrazioni sulla strada, senza aver provocato  incidenti, e le pene sono senza dubbio  alcuno sproporzionate  se paragonate a quelle di altri tipi di reato.

Nell’intento di evitare la messa in pericolo della vita altrui (intento  certamente doveroso), si arriva a paragonare l’automobilista che fa un’infrazione in ambito stradale ad un delinquente che intenzionalmente commette un reato, arrecando grave danno (questo sì reale e non solo potenziale)  alle persone. Infatti, la condanna  ad un anno  di carcere, seppur  sospesa con la condizionale,  rischia  di superare in termini  di pena quella  affibbiata al rapinatore  che aggredisce  una persona  o entra in una proprietà  privata, minacciando  l’incolumità  delle persone  stesse.

Qui  c’è qualcosa che  assolutamente non  quadra in termini  di proporzionalità.  A molti automobilisti  è capitato, anche  involontariamente,  di pigiare sull’acceleratore, ma questo non significa che essi siano dei delinquenti da condannare sulla pubblica piazza con pene assolutamente spropositate. Che dire inoltre della denominazione “pirata della strada”, che campeggiava  pure nei titoli degli articoli, attribuita  ora a chi supera i limiti di velocità?

Il dizionario recita che pirata della strada è chi, dopo aver investito qualcuno,  non lo soccorre. Nel nostro Paese, adesso si appioppa questa poco edificante denominazione anche a chi semplicemente supera i limiti di velocità consentiti. E non è solo, come abbiamo visto, una mera espressione linguistica. Ma stiamo perdendo il ben dell’intelletto?

Qui servirebbe un intervento diretto, a più livelli, volto a modificare simili disposizioni di legge, perché di questo  passo anche solo avviare in un certo modo, piuttosto che in un altro, la propria autovettura rischia di diventare  un reato perseguibile penalmente.  Una simile criminalizzazione strisciante degli automobilisti è inaccettabile.

Iris Canonica